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Gargaknow: la Torre che ospitò il Re Murat a Rodi Garganico

di Domenico Sergio Antonacci Pochi lo sanno ma Gioacchino Murat, nominato da Napoleone Re di Napoli nel 1808, nell’ultima parte della sua vita mentre era in fuga cercò riparo sul Gargano; qui, le poche notizie storiche, ci dicono che soggiornò a Cagnano Varano (nel palazzo Russi, ancora esistente) e a Rodi Garganico in una torre di avvistamento in località Mascarizzo (o Mascherizzo) a pochi km dal paese (anche se altre fonti riportano il castello di Rodi, ma allora perchè questa torre è chiamata Murat?). La torre, di proprietà privata, versa in uno stato precario (è inagibile) e necessità di interventi urgenti prima che la situazione strutturale degeneri. Torre Murat, ad accompagnarmi Santa Picazio dell’Archeoclub di Foggia e Teresa Rauzino del Centro Studi Martella, GRAZIE C’è da aggiungere che qualche settimana fa, proprio a pochi metri dalla torre nella scarpata immediatamente sottostante, ci sono stati degli scavi per intervenire sulle tubature dell’acquedotto pugliese…giudicate voi dalla foto se un intervento del genere non può essere lesivo per la struttura: Giampiero Di Lella, (ingegnere di Rodi Garganico che si è occupato anche del restauro della cappella del Guarini a Torino) ci scrive: I lavori di scavo risultano approvati dal Comune di Rodi Garganico ed hanno avuto il parere favorevole di Parco del Gargano e Soprintendenza competente. Uno scempio autorizzato a tutti i livelli: una vera assurdità non c’è altro d’aggiungere. Tra l’altro va anche evidenziato che quanto documentato in foto è un procedere cauto e raffinato rispetto ad altri casi presentii lungo la stessa tratta. Esemplari di leccio, limoni, muri a secco secolari, tutto distrutto…. Non c’è nessun piano di ripristino ambientale. Il discorso è sempre lo stesso: i progetti si fanno sulla carta, le approvazioni si fanno sulla carta e la realtà è ben diversa. Sarebbe bastato che gli enti preposti alla

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L’esplorazione della Grava di Zazzano…55 anni dopo

Foto tratta da ARGOD.IT – ALTRE NOTIZIE QUI Oggi sono 55 anni dalla prima discesa fino al fondo della Grava di Zazzano, una delle più maestose cavità carsiche del Gargano, e ho pensato di postare queste testimonianze che mi sono state inviate qualche tempo fa. Vorrei ringraziare la persona che mi ha fatto questo “dono” ma non riesco a ricordare chi è…lo so, è grave! da GARGANO PARCO Giugno – Luglio 2000  Misteri svelati, La Grava di Zazzano L’alba della speleologia verticale nel Gargano Per la realizzazione dell’impresa furono coinvolti il Cimiliter di Napoli nonchè i i Comandi dei VVFF di Napoli, Salerno e Foggia che fornirono scale pesanti, corde e telfoni da campo. Nel corso di quel primo tentativo furono raggiunti i 77 metri di profondità senza tuttavia toccare il fondo del pozzo. Scriveva in seguito il Parenzan: “Il gran mistero di S. Marco in Lamis era la Grava di Zazzano, la solita onenda voragine…senza fondo, che alimentava una serie di leggende e storielle, di donne gettatevi per punizione, di trafedie dell’odio e vendette politiche, di cadute accidentali. L’immensa grava da secoli inghiottiva tutto, ed eraa guardata con rispetto dai nativi”. Le operazioni proseguirono alacramente nei giorni succesivi e, finalmente, domenica 29 settembre, alle ore 10.00, fu raggiunta la parte terminale della cavità. Tra i partecipanti, oltre al Parenzan, il dr. Angelo Curio, già sindaco di S. Marco in Lamis (uno dei protagonisti dell’esplorazione di Zazzano), che peraltro fu il primo a mettere piede nella grotta. *** La spedizione del prof. Parenzan è giunta fuso a 77 m. di profondità (pag precedente) Ergo A quella profondità mi inchiodai sulla scala penzolante e vacillante. Impossibile il proseguimento. I pipistrelli svolazzavano impauriti. In alto lo scorcio di cielo azzurro e luminoso mi affascinava. Si sganciò dal cinturino la torcia elettrica. A

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GargaKnow. Punto.

…nel Gargano, per esempio, dove di poesia non c’è quasi nulla, almeno a desumere dall’opuscoletto del Tancredi: c’è la rusticità assoluta di gente ai margini anche delle basse correnti di cultura, ma che pure, senza quelle correnti di cultura, non avrebbe canto e poesia; recentissime, certo dovute al servizio militare nel regno d’Italia, devono esser lì le importazioni di Angiolina, bell’Angiolina e di Mamma, mamma dammi cento lire. La poesia del luogo, goffa e puerile, senza immagini, pedestre nelle contaminazioni, e tuttavia commovente in qualche sua umilissima allegria, è tutta legata alla convenzione dell’approccio amoroso. Pier Paolo Pasolini  Bisogna conoscere per saper apprezzare…Pasolini si fidò, sbagliando, di Tancredi…….

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Purtroppo non si parla più in dialetto..di antico non sai nulla, manco un detto.

Un’amara considerazione Purtroppo non si parla più in dialettoDi antico non sai nulla… manco un detto.E ti vergogni pur dell’inflessioneScordandoti che acquànne eri uagnòne…Oppure peccenùnne… e jìre cùrte…Senza volè scappava… u chidèmmurte…Parlavi sempre come tu mangiaviEri barese… e non ti vergognavi…Tu or parli forbito… eppure in modo stranoE godi se ti dicon… uagliò tu sei toscano?Adà respònne nòne!… lo giuro sò barèseE’ questa la mia lingua… non sono giargianèse.Mo jè cavà seccède!… mo jè chiagastemà…Le muèrt del duemila… e la modernità.E i nomi di battesimo?… a me mi fan paura!Asia, Chanel, o Giorgia… Samanta oppure Scura…Nemmeno ce tu pàghe… iàcchie na… NicolettaNe Chiara , mànghe Rosa… nemmeno Felicetta.Dò sà cangiàte u mùnne… non si capisce nienteNon riesci a dialogare… con la tua stessa gente.La gende parle inglese… e accùme a le crètine…Se scrivono lo fanno… a tipo messaggino.Se scrivi t.v.b… vuol dir ti voglio bene…Tu parli in italiano… ma mò da dò te vène?Si comprano i vestiti… ma come gran signoriSolo capi firmati… da dentro e anche da fuori.Son demoralizzato… nel cuore ci ho una fittaPerò mi debbo stare… boccaccia mia stai zitta!Volete l’italiano… or ci proviamo un pocoUn pò per dimostrare che io sò stare al gioco.Naturalmente… ma senza far del male…Mi piace dedicarvi… almeno un madrigale.Questa scrittura potrà sembrar leziosaMa se vai avanti… è tutt’un’altra cosa…!Dirò di personaggi… che tu conosci beneDi lor dirò gli amori… difetti e anche le pene.Le dame e i cavalier… lo giuro sono assenti…Potreste riconoscer qualcuno dei presenti…Potrebbe capitare… che ci sia anche tu…Del quale andrò a narrare… i vizi e le virtù!Di quel che leggerai… qualunque cosa siaTu credimi senz’astio… ma sol per ironia!Se il libro ti è piaciuto… ti chiedo una sol cosaTu parlane, raccontalo… in rima oppure in prosa.Se invece disgustato… parlarne tu non vuoi…Fammìue stù piacère!… fatti gli affari

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L’abbigliamento garganico ai tempi della civiltà contadina

di Leonarda Crisetti L’abbigliamento consegnatoci dalla tradizione è molto importante perché dà modo di conoscere la storia umana, più precisamente la stratificazione sociale, la posizione di chi indossava gli abiti, i tempi  e le stagioni, le differenze di genere, le regole morigerate del tempo, il peso della gente che criticava i comportamento disdicevole di chi avesse osato andare in giro “scoprendosi” più di quanto fosse consentito dalla consuetudine. L’abbigliamento offre, inoltre, l’opportunità di cogliere le trasformazioni, un tempo lentissime – come sanno i nostri nonni e bisnonni costretti ad indossare lo stesso abito e il medesimo paio di scarpe pressoché tutta la vita. Consente insomma di capire che anche in passato c’era una “moda”, che non era passeggera come quella di oggi e di individuare alcune costanti nell’abbigliamento delle comunità garganiche originate probabilmente dal fenomeno della transumanza. Le vie erbose, infatti, sin dai tempi più remoti hanno consentito agli uomini di incontrarsi e alle culture di contaminarsi. La forte religiosità e la frequenza dei pellegrinaggi, inoltre, costituirono occasioni utili per mettere in comune le esperienze e per confrontarsi. Per tali motivi i costumi dei paesi garganici e in genere del Mezzogiorno in qualche modo si assomigliano, ad esempio, nella lunghezza, nel tipo di tessuto che doveva fare i conti necessariamente con la materia prima endogena, nel colore in genere scuro perché lo sporco non si vedeva facilmente. Va aggiunto che in passato forse più di oggi era importante evidenziare il rango anche attraverso l’abbigliamento e soprattutto nella scelta dei tessuti, indubbiamente più pregiati e colorati rispetto a quelli dei poveri. Continua la lettura qui

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