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Ossa giganti trovate sul Gargano: quel capodoglio arenato nel 1796

Un nuovo tassello di madreperla presto potrebbe aggiungersi al mosaico dei rinvenimenti che costellano la scoperta dei dinosauri sul Gargano. È la sensazionale testimonianza riportata in un documento sconosciuto fino a oggi, datato 12 marzo 1796: una “relazione – si legge – di un osso di smisurata grandezza ritrovato nel luogo detto Coppa di Mezzo Diocesi di San Marco in Lamis nel Regno di Napoli” a firma di Luigi Maria Izzo, Vicario Generale Nullius, ecclesiastico non nuovo ad articoli del genere. Suo, ad esempio, un intervento sempre su fogli a tema, circa strane emissioni a Monte Granata dove Izzo racconta di aver visto fuoriuscire da alcune cavità del vapore e flebili lingue di fuoco tanto da ipotizzare l’esistenza di un vulcano. Teoria, questa, successivamente smentita da Padre Michelangelo Manicone, il “monacello rivoluzionario”, ne “La Fisica Appula”, raccolta custodita negli scaffali della biblioteca del Convento di San Matteo e a lui intitolata.

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di Domenico S. Antonacci 

L’osso di capodoglio donato al convento di Stignano

Appena Antonio Ciavarella mi ha segnalato la notizia ho pensato all’osso di capodoglio custodito fino a qualche decennio fa nel chiostro del convento di Stignano a San Marco in Lamis (ora a Foggia, non so dove)


Nel lontano 1778 sulla spiaggia di Rodi si arenò un cetaceo di grosse dimensioni e in segno
di devozione i rodiesi donarono una vertebra e una costola al Santuario della Madonna di Stignano,
dove sono tuttora custodite. Intorno alla presenza di queste ossa all’interno del santuario la credenza
popolare trovò una propria spiegazione affermando che appartenessero ad un drago a sette teste che in
tempi lontanissimi dimorava nella valle. La leggenda narra che la presenza di questo drago creava
molti disagi alla popolazione locale infatti non lasciava passare alcuno, al punto che rendeva
impossibili i rifornimenti di viveri e gli scambi commerciali. Vista tale situazione il re emanò un
editto per indire un agone: “Colui il quale libererà il regno dalla piaga del drago portandomi come
prova della sua uccisione le sue sette teste avrà in sposa la principessa”.

di Severino Stea (qui il file completo a cura di Gabriele Tardio)

la differenza di anni è veramente poca, quindi potrebbe trattarsi delle stesse ossa? (e quindi la storia del ritrovamento del contadino è inventata dallo stesso che ne sparse la voce?); ora un comitato scientifico vaglierà sicuramente tutte le ipotesi per cercare di arrivare ad una conclusione nell’edizione 2012 di Spelaion, a Borgo Celano.

Intanto l’altra questione affrontata da Izzo sembra ancor più affascinante: il vicario accenna a delle emissioni solforose dal terreno nei pressi di Monte Granata, fiammelle addirittura, quasi un vulcano.
Gabriele Tardio, esperto di storia locale, religione e tradizioni di San Marco in Lamis ci ha scritto a riguardo:

Delle due ossa di cetaceo presenti a Stignano (fino a
qualche anno fa , ora sono a Foggia) se ne parla anche nel mio libro su Stignano, fanno parte del cetaceo di Rodi e fu usato il grasso per fare
unguenti presso la speziaria dei frati.
Riguardo a questa notizia già
avevo avuto informazione al riguardo da Masino diversi anni fa,
purtroppo si sono perse le informazioni dirette di Izzo, ma si sono
avuti altri ritrovamenti di ossa gigantesche anche in altre località di
smil, anche se le informazioni sono anch’esse molto lacunose.
riguardo
al soffione a monte granata le informazioni di due secoli fa sono
diverse compreso il Manicone e altri, attualmente si vede un solo buco
sulla cima di Monte Granato ed esce un po di aria calda, ma la zona è
sotto costante attenzione del centro vulcanologico per misurare la
temperatura in profondità con i pozzi artesiani.
Dagli archivi escono
molte informazioni e non bisogna impressionarsi più di tanto, più
interessante è quello che esce dalle grotte nelle cave di Apricena che
viene attentamente studiato da diverse università italiane e straniere
perché di alcuni milioni di anni, mentre in una grotta di smil
l’università di Roma ha individuato reperti ossei del periodo di alcune
migliaia di anni. 

ed in effetti non c’è molto da stupirsi se si pensa alle non molto distanti acque calde della sorgente di San Nazario, presso Apricena, o alle stesse orme dei dinosauri nella cava Pirro Nord (sempre ad Apricena) o in una cava di Borgo Celano (ora visibili al Centro visite del Parco Nazionale del Gargano).

Allora non ci resta che aspettare…ancora una volta il nostro territorio si rivela ricco di misteri.


Altre fonti:

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