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La neve cade ancora, il secondo romanzo di Toni Augello

Presentazione giovedì 18 novembre presso il Mulino Zilletta di Brancia 

Gli stipaneve del Gargano tornano a vivere nelle pagine del libro “La neve cade ancora”, il nuovo romanzo di Toni Augello.  

Presentazione giovedì 18 novembre, ore 19.30, presso il Mulino Zilletta di Brancia di Leonardo Petruccelli, in Contrada Brancia, sulla strada statale 272 per San Severo.  

Condurrà la serata Domenico Sergio Antonacci, tra le guide più esperte del promontorio garganico, blogger di Amara Terra Mia e founder di Gargano Natour.  

Per partecipare basta inviare un messaggio whatsapp al 3669404991. 

L’autore, formatore e consulente di digital storytelling, ha deciso di pubblicare l’opera – che trovate qui – con Amazon KDP (Kindle Direct Publishing). 

A curare tutte le fasi della pubblicazione sono stati i mattinatesi Paolo Bitondi e Massimo Ciuffreda di “Back To The Future”. 

La copertina è opera dell’illustratore e graphic designer Donato Turano di Exodia Tech. 

Ambientato tra il 1860 e 1861 a San Giovanni Rotondo, il libro narra delle vicende del giovane Nanni in un’epoca scossa dai grandi avvenimenti geopolitici e cruenti fatti di sangue, che genereranno il fenomeno del brigantaggio post-unitario.  

Il 21 ottobre 1860 nel Regno delle Due Sicilie si celebra il plebiscito per l’annessione al Regno d’Italia. A decretare l’annessione deve essere una decisione autonoma delle popolazioni che sancisca la volontà di far parte del nuovo Regno. La formula prevista è il suffragio universale diretto, ma a votare è solo il sesso maschile. 

Ad onor del vero si può votare anche in senso contrario all’annessione. Ma il plebiscito è concepito e organizzato per non lasciare spazio al no. Il decreto elettorale prevede in ogni seggio la presenza di tre urne, una vuota tra due laterali contenenti le schede del sì e del no, da cui ciascun votante prende quella di sua preferenza e la depone nell’urna vuota.  

Il sistema di suffragio palese risponde a esigenze di controllo da parte delle autorità, ma fa buon gioco agli organizzatori. E, come è noto, i risultati pagano. Nel testo del plebiscito delle province napoletane e siciliane è chiesto di votare «per l’Italia una ed indivisibile, con Vittorio Emanuele Re costituzionale e i suoi legittimi discendenti». 

C’è fretta. L’Unità d’Italia sembra una lotta contro il tempo. E forse lo è. A Gaeta, Francesco II, Re delle Due Sicilie, sta resistendo con i fedelissimi alla corona. Non ha ancora sventolato bandiera bianca, ma i tricolori e le effigi di Vittorio Emanuele II e Garibaldi hanno già invaso Napoli. 

I registi dell’unificazione hanno lavorato bene. Basta affacciarsi a Largo Palazzo (che diventerà appunto piazza del Plebiscito) per capire in che direzione spinge il vento. Non è così nelle periferie del Regno. Nei piccoli centri, lontani dalla capitale, dilaga una analfabetizzazione pressoché totale e una fede intrisa di superstizione, e il popolo è facilmente suggestionabile.  

A San Giovanni Rotondo, alcuni “notabili” più refrattari all’idea del cambiamento intercettano il malcontento degli ex soldati borbonici che non vogliono tornare a prestar servizio sotto le insegne piemontesi e si servono di loro per continuare a sostenere la causa del Borbone, aizzandoli contro l’invasore. La resistenza trova anche l’appoggio indiretto del clero, a cui il governo piemontese sta togliendo beni e privilegi. Il plebiscito finisce nel sangue e viene rinviato. Come spesso accade, ne fanno le spese anche persone del tutto estranee ai fatti. 

Tra gli altri, paga il suo tributo di sangue il nevaiolo, Mastro Damù, diminutivo gergale di Gaetano, che detiene il contratto d’appalto per la vendita della neve in paese. Il suo è un mestiere duro, ma molto redditizio. Conserva la neve d’inverno in apposite fosse ricavate in alta quota, le “neviere”, e la rivende d’estate nella sua bottega, nota come “Porta del freddo”. 

Il suo giovane aiutante Nanni si troverà ben presto alle prese con una decisione importante da prendere: dileguarsi tra le pieghe di un destino che si fa beffe dei più piccoli, oppure affrontare le sfide di un mondo che sembra sempre più grande di noi fino a quando non decidiamo di affrontarlo. 

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