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Un anno fa se ne è andava Antonio Maccarone – cantore e suonatore di Carpino

Foto di Danilo Romito

Maccarone, nato a Carpino nel lontano 1920, ha affrontato una esistenza convulsa, fatta di tremende sciagure, di emigrazione e di soddisfazioni ottenute nel campo della musica popolare. Il suo nome è legato alle melodie di un tempo, ereditate direttamente dai portatori della tradizione carpinese e garganica. Ultimamente lo si incontrava nella sua casa di campagna, alla periferia di Carpino.
Nel suo piccolo rifugio, Maccarone, reso cieco dall’errore di un medico oculista, cercava di dimenticare i dispiaceri della vita (aveva perso i due nipoti e la moglie nel giro di pochi anni, aveva un solo figlio, che vive in Germania) suonando la sua inseparabile chitarra francese e intonando sonetti e canti della Carpino che fu e che rischia di perdere irrimediabilmente il suo patrimonio canoro-musicale. A lanciare il grido d’allarme fu lui stesso sul palco della XI edizione del Carpino Folk Festival quando dopo aver gioito con il pubblico – “Siamo ancora qua. Noi, un tempo chiamati cafoni, perseguitati…ora richiesti in tutta Italia” chiedeva ai giovani di pensare si alla riproposta dei loro canti e dei loro suoni, ma di non inficiarli con strumenti musicali moderni che nulla hanno a che vedere con quello che da secoli rappresenta la tradizione garganica e carpinese.

Allievo di Pasquale Di Viesti, nativo di Rodi Garganico, da cui apprende la maggior parte del repertorio di canti e musiche popolari. Oltre alla cecità recente, Maccarone era afflitto dalla completa sordità ad un orecchio, “ereditata” in guerra, quando nel 1943 fu travolto dalle bombe americane a Taranto. Uscì miracolosamente salvo dal crollo di un magazzino del Genio militare (lui era il custode), ma perse l’udito, ottenendo in cambio la pensione di guerra. Fu salvato da un “angelo custode”, il suo sergente, che udì le sue grida di aiuto e quelle di un amico commilitone, pure lui poi tratto in salvo. Dopo la guerra il cantore ha svolto diversi lavori, tra cui quello di vigile campestre a Carpino. Nel 1961 decide di emigrare. Assieme alla moglie Maddalena Ruo (classe 1929) approda a Milano. Svolge diverse attività, passando da un lavoro ad un altro, fino a quando decide di mettersi in proprio. Si dedica interamente all’importazione di prodotti locali dalla Puglia alla Lombardia. Gli affari vanno talmente bene che nel 1968 gli viene attribuito il “Leone d’oro per il commercio”, assegnato ai maggiori imprenditori lombardi. Nel 1967 conosce professionalmente Andrea Sacco a Milano. Maccarone fù testimone diretto del concerto organizzato al Teatro lirico da Roberto Leydi e Diego Carpitella, due dei più importanti ricercatori italiani di musica, danze e canti della tradizione.

Ritorna definitivamente a Carpino nel 1986. I soldi risparmiati gli hanno permesso di acquistare casa e di vivere agiatamente. Nel 1998 l’arrivo di Giovanna Marini sul Gargano e a Carpino, allo scopo di “immortalare” e salvaguardare la vera tradizione locale. Tradizione a cui era strettamente legato lo stesso cantore carpinese. Sul palco del Carpino Folk Festival Maccarone raggiungeva il suo apice, bravo come nessuno a instaurare un feeling col pubblico dominava l’evento, salutava tutti “paesani e furestieri” recitava i suoi sonetti e poi via con le sue rare doti catturava l’attenzione del pubblico fin dal primo istante e la portava senza nessun calo d’attenzione fino al gran finale. Suonatore di chitarra francese, Maccarone era divenuto una vero cantore della musica popolare a seguito del compiacimento del capostipite del gruppo dei Cantori di Carpino, Andrea Sacco, e dopo aver brillantemente superato la prova della propria comunità di appartenenza che in lui si identificava. Con la sua Chitarra a lato non aveva nulla da invidiare alle Rock star della beat generation che la chitarra la portavano al tracollo.

Non saprei dire quante volte l’ho sentito cantare, magari anche un po’ stonare per l’età e per la completa sordita ad un orecchio, ricordo di guerra. Tuttavia saprei benissimo riallacciare alla sua figura la spensieratezza di moltissime serate estive, e alla sua voce il vincolo di sangue che mi lega alla mia terra anche da qui, a 450 km di distanza. Con la sua morte se ne va l’uomo, ma resta l’esempio di chi allegramente ha fatto la sua parte nel cercare di ricordarci chi siamo e nel difendere la storia a cui apparteniamo… perchè “la storia siamo noi,siamo noi questo piatto di grano”
… Ciao ovunque tu sia.
Danilo Romito

Ufficio Stampa Associazione Culturale Carpino Folk Festival

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