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L’esplorazione della Grava di Zazzano…55 anni dopo

Foto tratta da ARGOD.IT – ALTRE NOTIZIE QUI
Oggi sono 55 anni dalla prima discesa fino al fondo della Grava di Zazzano, una delle più maestose cavità carsiche del Gargano, e ho pensato di postare queste testimonianze che mi sono state inviate qualche tempo fa. Vorrei ringraziare la persona che mi ha fatto questo “dono” ma non riesco a ricordare chi è…lo so, è grave!
da GARGANO PARCO Giugno – Luglio 2000 
Misteri svelati, La Grava di Zazzano
L’alba della speleologia verticale nel Gargano

Per la realizzazione dell’impresa furono coinvolti il Cimiliter di Napoli nonchè i i Comandi dei VVFF di Napoli, Salerno e Foggia che fornirono scale pesanti, corde e telfoni da campo. Nel corso di quel primo tentativo furono raggiunti i 77 metri di profondità senza tuttavia toccare il fondo del pozzo. Scriveva in seguito il Parenzan: “Il gran mistero di S. Marco in Lamis era la Grava di Zazzano, la solita onenda voragine…senza fondo, che alimentava una serie di leggende e storielle, di donne gettatevi per punizione, di trafedie dell’odio e vendette politiche, di cadute accidentali. L’immensa grava da secoli inghiottiva tutto, ed eraa guardata con rispetto dai nativi”. Le operazioni proseguirono alacramente nei giorni succesivi e, finalmente, domenica 29 settembre, alle ore 10.00, fu raggiunta la parte terminale della cavità. Tra i partecipanti, oltre al Parenzan, il dr. Angelo Curio, già sindaco di S. Marco in Lamis (uno dei protagonisti dell’esplorazione di Zazzano), che peraltro fu il primo a mettere piede nella grotta.

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La spedizione del prof. Parenzan è giunta fuso a 77 m. di profondità (pag precedente)
Ergo
A quella profondità mi inchiodai sulla scala penzolante e vacillante. Impossibile il proseguimento. I pipistrelli svolazzavano impauriti. In alto lo scorcio di cielo azzurro e luminoso mi affascinava. Si sganciò dal cinturino la torcia elettrica. A stento, strappai un lembo della canottiera legandolo al piolo, per il controllo della profondità raggiunta.
Un aeromoto persistente, appena percettibile, incupiva il silenzio. Freddamente risalii.


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Il Messaggero della Puglia sabato 3 agosto 1957

CARATTERI GEOLOGICI E RARA VEGETAZIONE DELLA VASTA E PROFONDA VORAGINE DI ZAZZANO.

Felci lingue cervine muschi e radici contorte di alberi verdi sono state osservate dalla ricognizione speleologica nel baratro enorme Terrificante dove non arriva la luce solare.
S.Marco in Lamis, 30 agosto

Da parte del sig. Angelo Cursio che ha partecipato alla esplorazione della voragine di Zazzano, è stata fornita la seguente relazione. “Un’ampia scoscesa svasatura conduce al ciglio del pozzo cilindrico. Ne aumentano la pericolosità i ciuffi d’erba umida che fanno scivolare il piede. La flora bella quanto mai, e stata dal prof. Parenzan assimilata alla lussureggiante vegetazione delle foreste equatoriali. Felci, lingue cervine, muschi e radici contorte di alberi verdi le cui fronde pendono nella voragine accrescendone la frescura, sono state definite scientificamente meravigliose. Questa conchetta attraverso i caratteri geologici e le espressioni floristicbe rare preannuncia quel baratro che improvvisamente ti trovi sotto i piedi. Siamo sul ciglio del pozzo. Ficcando coraggiosamente gli occhi del fondo, provi quella stessa sensazione che si ha appena guardi in una canna rigata di fucile: effetti di luce ed ombre che creano un vortice elissoidale che pare trascini amebe te. Beninteso il vortice manca non avendo il cilindro un fondo propriamente inteso. Scendendo sempre, destreggiandoti nel passare da una faccia all’altra della scala, dando alla parete dura e liscia or la schiena ora il viso, t’avvedi che guardare su il cielo luminoso non fa piacere e se guardi il fondo chiudi gli occhi, e se t’azzardi a contemplare l’ambiente intuisci che non è un bel posticino. La torcia elettrica si sfilò dal cinturone di sicurezza e cadde rumorosamente giù. La guardavo e mi sentivo impotente. Non feci un gesto. Come è terribile questo pozzo!

A circa sessanta metri di profondità e precisamente da quell’ultima lieve balza su cui poggia la scala da dove poi dondola nel vuoto constati che il cilindro si allarga. Sotto vedi l’inizio di una coda che si sprofonda verticalmente con gomito dimodochè oltre non vedi che nero. In questa coda sfocia la bocca di un condotto di forma trapezoidale: base maggiore, base minore ed un lato si vedono, l’altro lato invece no perché qui tutto è nero. La bocca sarà larga due metri e mezzo ed alta tre metri e mezzo. Vi scorre uno strato sottilissimo appena percettibile di acque che si nota al luccichio. Il letto è costituito da detriti sabbiosi molto esigui sicchè si presenta piano. Di contro a questo condono il cilindro si apre in una sacca enorme e terrificante. La bocca puo essere alta una cinquantina di meni e larga una decina nel punto più ampio. Nell’intemo nulla è definibile: tenebre assolute ed umido. Sono nella sacca, sin dove arriva la luce solare, si vedono le tenebre circoncise da una linea bianca che si pensa porzione di una linea elissoidale che non si vede. E siccome vi ho lanciato due sassi e ne ho perfettamente sentito il tonfo unico e senza rotolio ed ho avvertito inoltre lo sbattere dello stillicidio su qualcosa che non si vede, penso che li ci sia il fondo. La sacca pare che abbia rispondenza con un condotto la cui bocca di forma ovoidale si trova sopra ad essa a circa venti medi dal ciglio, sul cui bordo si può riposare stando a cavalcioni con una gamba penzoloni nel cilindro ed una in esso. La voragine di Zazzano è stata violata dalla spedizione Perenzan. Tuttavia nell’animo nostro perdura l’insoddisfazione. Chissà quando ritorneremo…..per accamparci in quel condotto!”

                                                   Angelo Cursio

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Il Tempo – pag.4-28 agosto 1957 

Raccolti 300 esemplari di fauna.
Ricognizioni speleologiche nelle grotte di Montenero e Zazzano. S. Marco in Lamis.
Il Centro Speleologico Meridionale, in collaborazione con la Sezione speleologica garganica, ha compiuto un’accurata ricognizione delle grotte di Montenero e della voragine di Zazzano per rivelare nuovi elementi speleogenetici, per la ricerca di esemplari faunistici e per il rilevamento accurato della planimetria e di sezioni. Il gruppo degli speleologi che ha ottenuto per l’occasione le necessarie attrezzature dal Comiliter di Napoli e di Foggia era composto dal Presidente del Centro Speleologico Meridionale prof. Pietro Parenzan dell’Università di Napoli, dai sigg. don. Bruno Davide, Cigi Campanelli e Gianni Jalongo del CSM. Alla ricognizioni hanno partecipato il pro. Michele Tricarico e Angelo Cursio della Sezione speleologica garganica ed hanno collaborato la Società di Cultura “De Bellis” e l’Amministrazione comunale. Sono state esplorate la grotta di Montenero e la “grava” di Zazzano. E’ stata anche allestita una mostra speleologica ricchissima di esemplari faunistici fotografie, stalagmiti, ecc. Nel cine-teatro comunale il prof. Parenzan ha poi tenuto una conferenza……….

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Addì 23 agosto 1957: i preparativi; l’indomani 24 agosto 1957: l’azione

Ore nove circa: il “pancotto” era stato avidamente gustato.

Mi accingevo a discendere. Un capo della corda di sicurezza mi circuisce la “vita” a legaccio non stretto. Alla cintura era appesa una radio partatile militare e la pila elettrica.

Adagiatamente approcciavo i primi pioli, aggrappandomi ai cordoni laterali della scala.
Eppoi via.
La cordata, dapprima larga, era agevole. Procedevo agilmente; a volte capitava di trovarmi “inceppato”, spalle alla parete, per scala fluttuante. Che fare? Svincolarsi o rimettersi in posizione, circuendo con braccia, corpa e gambe la scala per riscendere a fronte della parete. Pertanto le imprevidenze si erano accresciute, infilando la scala metallica rabberciata a prolunga, scomparto stretta, tanto che la presa sul piolo era di appena la punta della scarpa.
Comunque, avanti ancora. Ma i pipistrelli erano tanti e svolazzavano stridendo perché adombrati.
Reinfilo altro cordame. Sul fondo uno spettro traspare. Che può essere?Ancora più giù. Ed ecco un albero dai rami viscidi e neri, ivi precipitano dal borda della voragine ove si abbarbicava, durante un nubifragio, circa cento anni prima, come hanno raccontato i contadini della contrada. Eccomi sul fondo. Tramite radio, no do notizia al prof. Parenzan, e null’altro perché esaurita.

Il castagno si era reimpiantato nel terreno e col tempo si era conformato attorno un terrapieno alto poca più di un metro e lungo circa quattro metri. Nei pressi del tronca mi accorsi di un masso a pallone lucido e nero. Sedetti sopra, ma sobbalzai perché molle. Si trattava della carcassa di un maiale, piuttosto gonfio. I contadini mi avevano anticipato, che ne avevano precipitati trenta perché affetti da carbonchio e che non avevano avuto il tempo di incenerirli. Il silenzio era struggente, l’aeromoto impercettibile, inesorabilmente ti sommergeva.

L’anfratto fondale di forma ellissoidale, non è vasto. Sul fondo ciottoloso ed uniforme c’è il cranio non grande di un animale e null’altro.
Di qui si passa al primo androne di forma cuneiforme, affusolato ed alto. Recuperai la pila elettrica, perduta due anni prima, affiorante sul fondale a pietrischetto. Le pareti erano lisce, farinose ed umide. Non c’era bisogno di torce. Proseguo nel secondo androne che e consimile, ma oscura con fondale appena terroso. Nel terzo, il buio è assoluto. Il fondale è terroso, secci, striato da spaccature, ed arginantesi in un percettibile infossamento e “bubbone” della parete. Profondità accertata circa 1,07 m. Mia permaoenza: ore otto circa.

Dopo circa due ore, mi raggiunge Davide, ex paracadutista. Si passa ai rilievi, nonchè qualche foto.
Davide, riallacciandosi la fune di sicurezza, risale.
Uno scorcio di cielo azzurro si intravedeva ancora, ma la fune non mi perveniva perchè il sasso legato al capo si sbrecciava nel precipitare. Alla fine, tentai la risalita, recuperandola appena possibile. Ad una trentina di metri dallo ‘sprofondo”, credo, mi accovacciai su di un costone scosceso poco appetibile, gli arti inferiori abbarbicati in una “scacchiatura”.
Era buio. Si rotolavano fascine in fiamme per farmi luce.
Improvvisamente la scala si tese, distaccandosi. Impensabile il soccorro. Che fare? Via l’indolenzimento. Mi drizzai; un “a fondo” aggrappandomi ai cordoni.D’un fiato, mi arrampicai ed in cima tante mani mi afferrarono, con evviva.

Il dr. Luigi Bevilacqua, responsabile della società di Cultura De Bellis e coordinatore delle operazioni, ricordandosi della promessa fattami, dopo un certo tempo nel suo studio mi asportò una cisti sebacea dal cuoco capelluto, gratuitamente.

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Corriere della Nazione mercoledì 28 agosto 1957 cronaca italiana

“un inestimabile Patrimonio Scientifico della Daunia”.
Speleologia S. Marco in LamisnIl prof. Parenzam ha proposto di chiudere per qualche tempo le Grotte di Montenero affinchè le stalattiti e stalagmiti si rigenerassero.

Ultimo capoverso:
……Gli studi condotti sulla “grava” di Zazzano, sulla quale è stato eseguito un interessante rilievo morfologico, hanno portato alla convinzione che si riuscirà a creare delle fantastiche leggende. Un abisso al cui fondo nessuno fino ad oggi, posto piede; una voragine che si perde nel buio che sembra non aver fine. La spedizione del prof. Parenzan è giunta a 77 m. di profondità e non ha potuto proseguire perchè le attrezzature erano state preparate per una discesa che si prevedeva sino ad una sessantina di metri.

                                       Nicola Palatella

Abbiamo citato Zazzano già in precedenza

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