La mafia innominabile, di Domenico Seccia (2011)
C’era un tempo in cui la mafia garganica non esisteva. Bisognava vincere la credenza che fosse una magia, popolata dal potente di turno che impone il suo comando, la sua forza e la sua violenza. Non esisteva perché tutti la negavano. Anche i Magistrati che se ne occupavano. Una faida come le altre. La mafia garganica, però, esisteva, eccome. Ammazzava ed ammazza.
La mafia sociale, di Domenico Seccia (2013)
Qui non vi è stata alcuna rivoluzione dei lenzuoli. Qui si continua a dire che non vi è “alcuna infiltrazione mafiosa”. Tutti dicono “qui” e non “da noi” e forse anche questo vuol dire qualcosa. La mafia rende tutto cenere. Se soffi sulla cenere non c’è nulla in essa che opponga resistenza per non volarsene via. Rendere cenere ogni cosa è la sua forza. Dove vi è cenere non vi è più nulla. Non c’è Stato. Non c’è sviluppo. Immutabile. Così com’è.
Capitalisti di faida. La vendetta da paradigma morale a strategia d’impresa, di Francesca Scionti (2012)
Il Gargano, aspro promontorio dell’Italia meridionale, è il contesto etnografico di una faida che da oltre cinquant’anni contrappone sanguinosamente famiglie di allevatori. Il volume indaga un fenomeno che per certi aspetti, richiamando elementi del paradigma mafioso, rientra nella sfera dei comportamenti anomici tipici della criminalità organizzata. Al contempo, però, l’autrice indaga le matrici economiche e culturali che consentono ai gruppi di costruire, attraverso la rifunzionalizzazione del codice normativo valoriale, una strategia comunicativa dell’agire violento che lo àncora al comune immaginario culturale – strategia funzionale al mascheramento degli interessi economici che muovono il conflitto. Così la vendetta, paradigma morale che l’antropologia giuridica intende come diritto/dovere espresso da un gruppo parentale che, in difesa del sangue e dell’onore, ammette la ritorsione violenta, nel contesto garganico si esprime e afferma come strategia d’impresa dei gruppi di faida che massimizzano i profitti attraverso il conflitto e in funzione di esso. Per questo i capitalisti di faida, riecheggiando una definizione cara alla letteratura antropologica, si affannano a difendere, incrementare e compensare il capitale economico derivante dall’accumulo della ricchezza, celandolo dietro la rassicurante simbolica coltre del sangue versato che non può rimanere invendicato.
Ti mangio il cuore, di Carlo Bonini e Giuliano Foschini (2019)
Da tempo in Italia non esistono più soltanto la mafia siciliana, la camorra e la ’ndrangheta. C’è una quarta mafia, che oggi è la meno raccontata e conosciuta. Eppure è potente ed è la più feroce. Nelle terre che si estendono dal Gargano a San Severo, da Manfredonia fino a Cerignola, comandano le famiglie della Società foggiana e i Montanari del Promontorio. I loro tentacoli sono ormai estesi in un enorme giro d’affari internazionale. La loro violenza è arcaica e bestiale. I loro uomini firmano gli omicidi sparando al volto, perché deturpare le sembianze significa cancellare anche la memoria. C’è chi ha leccato il sangue delle vittime e chi ha fatto sparire i cadaveri dandoli in pasto ai porci. Si nasce, si cresce e si muore nel culto della vendetta. Sangue chiama sangue.
Dagli anni settanta a oggi gli omicidi sono stati 360, l’80 per cento dei quali è rimasto irrisolto. Tra il 2017 e il 2018 nella sola provincia di Foggia si è registrata la media di un omicidio a settimana, una rapina al giorno, un’estorsione ogni quarantott’ore. Una mattanza che ha fatto decine di morti e ha il suo inesauribile motore nella cruenta faida decennale tra due famiglie: i Romito e i Li Bergolis.
Quella di Carlo Bonini e Giuliano Foschini è un’inchiesta che, intrecciando atti giudiziari inediti, testimonianze di investigatori, magistrati e vittime di questo inferno, si fa racconto drammatico, popolato da personaggi indelebili, e smaschera una catastrofe civile ignorata troppo a lungo, a cui lo Stato ora ha dichiarato guerra.
Un racconto dall’abisso inesplorato della Società foggiana, la quarta mafia italiana.
Nessuno parla, nessuno vede, nessuno ricorda. Perché il potere si conquista con il sangue.
Dagli anni settanta a oggi gli omicidi sono stati 360, l’80 per cento dei quali è rimasto irrisolto. Tra il 2017 e il 2018 nella sola provincia di Foggia si è registrata la media di un omicidio a settimana, una rapina al giorno, un’estorsione ogni quarantott’ore. Una mattanza che ha fatto decine di morti e ha il suo inesauribile motore nella cruenta faida decennale tra due famiglie: i Romito e i Li Bergolis.
Quella di Carlo Bonini e Giuliano Foschini è un’inchiesta che, intrecciando atti giudiziari inediti, testimonianze di investigatori, magistrati e vittime di questo inferno, si fa racconto drammatico, popolato da personaggi indelebili, e smaschera una catastrofe civile ignorata troppo a lungo, a cui lo Stato ora ha dichiarato guerra.
Un racconto dall’abisso inesplorato della Società foggiana, la quarta mafia italiana.
Nessuno parla, nessuno vede, nessuno ricorda. Perché il potere si conquista con il sangue.