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Foggia tra omicidi, clan e pochi magistrati. Il procuratore: “Perfino i colleghi non vogliono stare qui. C’è il deserto giudiziario, lo Stato è percepito lontano”

intervista completa su ilfattoquotidiano.it


Un unico presidio giudiziario in una terra sconfinata, quindi?
Esatto e bisogna comprendere che questo ha un riflesso anche sulla percezione della vicinanza dello Stato da parte della popolazione

Un territorio più grande della Liguria che prevede sulla carta quasi lo stesso numero di magistrati di una grande procura come quella di Bologna, ma vive una condizione di grave sofferenza. Come mai?
Foggia è stata estremamente penalizzata con la riforma della geografia giudiziaria del 2013. Partiamo di qui: c’erano una serie di presidi giudiziari che sono stati chiusi. Non solo la procura e il tribunale di Lucera, ma ben sei sezioni distaccate sono state cancellate. E tra queste anche le sedi di Cerignola e Manfredonia, due comuni con quasi 60mila abitanti che sono stati sciolti per infiltrazioni mafiose. E poi San Severo che ospita una criminalità attiva e aggressiva. E ancora Apricena, Rodi Garganico, Trinitapoli: la chiusura di tutte queste sedi ha comportato il trasferimento al tribunale di Foggia di tutti i processi. Sono arrivato come procuratore a Foggia nel 2018 e c’erano ben 9mila processi pendenti, oggi siamo addirittura a 13mila.

Anche da un punto di vista amministrativo le cose sono complicate?
Certo, non abbiamo nemmeno il Tar e, ripeto, qui abbiamo sei comuni sciolti per mafia. Se un territorio è compromesso da un punto di vista penale certamente lo sarà anche da un punto di vista amministrativo.

Un minore, prima di diventare un delinquente, è un minore che vive nel disagio, poi nell’illegalità e infine nella criminalità. Ecco un minorenne di Vieste ha il suo giudice a Bari, a quasi tre ore di auto. Lo immagina un minore di Roma che ha il suo giudice a Bologna? Perché ci si mette di meno da Roma a Bologna che non da Vieste a Bari. 

Eppure in Italia ci sono sedi giudiziarie attive in zone molto meno complicate di Foggia.
Il vicino Molise, con un’estensione di poco più di 4mila chilometri quadrati, ha tre procure e tre tribunali. Foggia ha un’estensione doppia, con competenze anche in alcuni comuni della provincia della Bat (Barletta-Andria-Trani, ndr) per una platea di oltre 700mila abitanti, e ha una sola procura e un solo tribunale. Io sono stato procuratore di Larino, che non arriva a 100mila abitanti. Se teniamo giustamente aperte queste sedi, perché non le apriamo anche a Cerignola e Manfredonia, comuni ben più grandi e con una criminalità agguerrita e mafiosa? Ripeto, parliamo di comuni sciolti per mafia. Esiste quindi un’urgenza di presidi giudiziari sul territorio.

Vi siete mai sentiti come la Palermo degli Anni settanta e ottanta?
Sì, da questo punto di vista sì. C’è a Foggia quell’arretratezza culturale che forse c’era a Palermo in quegli anni: la gente non denuncia, collabora poco e solo quando non ha alternative. Non sentono l’esigenza di collaborare con lo Stato. Non si avverte la giustizia come strumento per lavorare al bene comune. 

In questi anni avete messo a segno tanti risultati contro la mafia e la delinquenza. Perché le cose non cambiano?
Me lo chiedo spesso e mi dico che è davvero anche per la distanza dello Stato. Se un imprenditore di Cerignola denuncia, il resto della comunità non segue il processo. Un processo che la riguarda. Qualche tempo fa c’è stato un grosso dibattimento, chiamato ‘Medioevo’: i poveri commercianti che avevano denunciato dovevano organizzare i pullman per venire alle udienze, a volte arrivavano e il processo veniva rinviato per motivi tecnici. Un cambio di giudice, un’omessa notifica e dovevano tornare indietro. Così si ha una sensazione di fallimento della giustizia che porta poi a dire: “Ho fatto male a denunciare e aveva ragione chi mi diceva di lasciar perdere”.

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