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La storia prima del Parco Nazionale del Gargano, 1965

1965, ovviamente il Parco nazionale del Gargano non esisteva, ma  c’era già chi aveva le idee molto chiare a riguardo, tra questi il carpinese Giuseppe D’Addetta; di seguito un suo scritto:

Ad iniziativa della Cassa per il Mezzogiorno e con la collaborazione  di « Italia nostra», una équipe di architetti ha studiato il comprensorio del  Gargano e redatto uno studio per la tutela del paesaggio. Tale studio è stato  determinato dai nuovi criteri che informano il programma della Cassa, sulla  convenienza di massicci interventi concentrati in poche zone a spiccata vocazione turistica.  Al Gargano è stato riconosciuta tale vocazione ed è stato prescelto  come zona campione, solo limitatamente compromessa da insediamenti turistici incontrollati e suscettibile quindi di interventi tali da farne un polo turistico di interesse nazionale.
Certo è che il Gargano è una regione varia come un continente, capace di offrire tutte le attrattive e soddisfare tutte le esigenze, e in molte zone ancora vergine da contaminazioni che ne deturpino il paesaggio dalle infinite visuali.
Il piano presentato dalla équipe di architetti, e discusso con l’intervento dei più qualificati rappresentanti degli enti provinciali e dei Comuni  garganici in un seminario tenuto a Napoli presso la sede del FORMEZ nel decorso gennaio, si preoccupa essenzialmente della tutela del paesaggio che costituisce la vera ricchezza del Promontorio garganico, e prospetta « una nuova utilizzazione di tale ricchezza che non sia il tentativo di applicare al Gargano modi e forme generiche, valide dovunque, come finora è stato fatto in tutti i settori, ma che si basi proprio sul riconoscimento delle specifiche caratteristiche che esso presenta, di ciò che possiede di unico, di eccezionale, di tipico ed esclusivo ». Si propone quindi la costituzione del « Parco Nazionale del Gargano » che deve comprendere tutto l’acrocoro montuoso nei suoi confini naturali e tradizionali, che divide in cinque zone.La prima zona, costituita da quelle aree che si riterrà di dover lasciare allo stato assolutamente naturale, nella quale l’uomo non dovrà mai intervenire. La seconda riguarderà aree che si possono definire di riserva generale ed è quella che più si avvicina alla configurazione degli attuali parchi nazionali. Anche qui la natura sarà lasciata a se stessa ma non in modo assoluto. L’opera dell’uomo curerà che le piante non si ammalino, si elimineranno quelle morte, si interverrà per mantenere nel terreno, nei corsi d’acqua ecc., le condizioni per la migliore conservazione della flora esistente.  La terza zona sarà formata dalle aree di reintegrazione, ossia quelle vaste estensioni della parte centrale del Gargano che un tempo erano ricoperte di boschi ed oggi sono aride e dilavate, non offrendo alcuna alternativa di utilizzazione agricola. Per tale zona occorreranno opere di imbrigliamento,  colture transitorie per la ricostituzione di humus, regolarizzazione del regime idrico, opere di rimboschimento secondo molteplici scopi.
Queste prime tre zone si potrebbero raggruppare sotto la comune denominazione di zone naturali, in quanto in esse è la natura che domina nettamente. La quarta zona poi comprende le aree agricole: evidentemente non tutte quelle che sono oggi agricole, ma quelle in cui si riscontrerà un rapporto investimento-reddito conveniente. La quinta zona, infine, dovrà essere costituita da aree agricole analoghe a quelle della quarta, ma situata in posizione di particolare valore paesaggistico e quindi da sottoporsi a vincolo per la conservazione degli elementi di base del paesaggio attuale.
Per le prime due zone vi sarebbe la possibilità di ubicare pochi nuclei turistici nelle aree marginali di rimboschimento a cedro, mentre nella terza si presenteranno i casi più interessanti da un punto di vista urbanistico e architettonico, e sarà – per la terza come per le prime due zone – l’enorme estensione e bellezza a disposizione di tutti a costituire l’elemento più interessante e tipico.
« L’ubicazione dei nuclei turistici – precisa la relazione – deve tener conto delle possibilità di mobilità che sono la condizione essenziale per realizzare il godimento delle varie zone, e la interscambiabilità mare-monte deve rendere del tutto indifferente lo scegliere la propria residenza estiva nell’uno e nell’altro posto ». Così il piano prospetta e propone la integrale valorizzazione turistica di tutto il Promontorio, ed è in questo forse la sua originalità e il suo maggior pregio.
Dopo aver affermato che « la viabilità nel Gargano è in condizioni quasi preistoriche a tutti i livelli» (certo esagerando), il piano programma una vasta rete di strade con grandi arterie di adduzione, con diramazioni minori per i collegamenti interni e trasversali di collegamento mare-monte.
Nelle sue linee generali, il piano è senza dubbio accettabile, perché redatto con ampiezza di vedute e con la visuale costante di risolvere integralmente il problema turistico e valorizzativo del Gargano. Qualche riserva si deve fare circa la estensione e la delimitazione delle diverse zone, nonché relativamente alla eccessiva preoccupazione di tutela del paesaggio. Questo concetto è giusto e sano, ma non deve raggiungere livellli parossistici.
Altro rilievo di carattere pratico riguarda la enorme spesa globale che richiederebbe l’attuazione integrale del piano, anche se graduata nel tempo, in relazione alle possibilità finanziarie dello Stato italiano e degli enti provinciali e locali che dovrebbero contribuire. Ma nella fase di progettazione, alla quale si dovrebbe passare, saranno possibili quelle modifiche e quei ritocchi che una visione meno poetica e più aderente alla realtà potrà consigliare, sia per quanto riguarda la individuazione e delimitazione delle diverse zone, che relativamente alle opere da realizzare, nonché al numero ed alla ubicazione dei nuclei turistici.

San Menaio, 11 ottobre 1965

Giuseppe D’Addetta

 

 
Vedi anche il ruolo di Antonio Cederna e Italia Nostra
 
 

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