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Alle radici

Stazione di San Severo, il mio viaggio nel mondo reale è quasi concluso ma quello vero ancora non inizia…scendo dall’Intercity e mi intrufolo in un trenino dipinto con i colori del Gargano, Peschici,falesie,mare…sembra di esser tornati nel passato, il treno parte, trema tutto..stiamo per decollare? Si, il “Monte Gargano” con la sua mole massiccia si avvicina, i binari iniziano a salire, il treno si inerpica, si sale..leggo da qualche parte “San Marco in Lamis, San Nicandro, San Giovanni Rotondo, Monte Sant’Angelo…”…tutti questi santi.. subito capisco che questa è una terra benedetta, toccata da Dio e dal suo Arcangelo Michele il cui ricordo giace nelle grotte, nella valli, nei boschi e nei monti che riportano il nome di Mikael…scorgo paesaggi carsici, il Gargano contiene ancora molti segreti..il paesaggio si apre,vedo uno specchio d’acqua, è il Varano, una pianura di ulivi che non finisce mai…Carpino…
Sono arrivato, sono qui per sentire le mie origini, per ascoltare..e forse, capirle..capire chi erano i miei avi, come era la loro vita, lo ascolto nelle parole di Matteo Scanzuso, Antonio Piccininno, Mike Maccarone.. nei loro canti è concentrata l’essenza del passato di una terra mai fortunata, una terra avara d’acqua e abbondante di sole. Per far si che questo ritorno al passato sia possibile “salgo” sul treno del Carpino Folk Festival, una manifestazione “glocale”, partita 15 anni fa dalla mente di Rocco Draicchio e consegnata poi nelle mani di alcuni giovani carpinesi che con orgoglio e vivacità hanno fatto sentire la loro voce prima in Puglia, poi in Italia..ora cantano la tarantella del Gargano negli Stati Uniti..fate un pò voi. Il treno del Carpino Folk Festival non richiede biglietti, solo attenzione, ascolto, divertimento interessato…è cultura pura, è spirito giovanile sincero, è passione..quella vera. Compro con pochi euro un piatto di fave bagnate da abbondante olio d’oliva, mi dicono che tutto è rigorosamente “made in Carpino”, questa terra fa miracoli, sono in Paradiso…ed io che non ci credevo quasi più! Inizia a battere il ritmo…sono in Piazza del Popolo..ma la festa non è qui..sento corde pizzicate, rimbombi di tamburelli…li seguo, arrivo nel centro storico..scorgo un gruppetto di persone in cerchio,ma cosa fanno? Mi avvicino, è una visita guidata nei vicoli e vicoletti del paese, mi regalano una bellissima mappa con i nomi dei quartieri in dialetto..e c’è ancora altro ma non ho tempo di leggere ora, “lu vuccul”, la “lamj d P’lat”, “la Fica ner”, l’elenco non finisce mai, meno male che è un piccolo paese, qui ogni angolo trasuda di storia, dai normanni fino ad oggi..arriviamo all’epilogo della visita, il castello, la torre circolare…un castello occupato più o meno abusivamente da quello che mi dicono, Carpino è anche questo..siamo in Italia allora? Tra questi vicoletti avevo perso in senso dell’orientamento, la bussola era impazzita, credevo quasi di essere dall’altra parte dell’Adriatico tanto la differenza delle architetture è sottile…Torniamo dove si canta e si balla, accompagnamo il vecchio cantore 95enne con una “chitarra battente”, un tamburello ed un paio di nacchere, canti d’amore che narrano la vita quotidiana di un tempo..gli occhi di Antonio Piccininno raccontano tanto, lucidi, raccontano quelle infinite camminate con le pecore dell’infanzia..il suono di quella “speciale chitarra” sembra esser quasi nato in quelle vie tanto è l’atmosfera armoniosa, ma al tempo stesso scatenata nei piedi nudi delle ragazze che li battono e ancora li battono a terra, che crea con le abitazioni storiche…non ci si stanca mai a Carpino, la notte è infinita, la voce e l’energia per ballare e cantare anche..il vino non manca mai, come succedeva nel rito per esorcizzare la tarantata lo si porta a cantori e suonatori, non deve mancare mai, così come il pane e quelle miracolose fave…quando si creano quei cerchi di suono,canto e danza la gente vi si accalca intorno..si fa come a gara di chi riesce a metter l’orecchio più vicino come per catturare qualcosa..ma cosa? C’è una qualche essenza che ancora non scopro sotto questo lampione dalla luce fioca al suono ritmato del tamburello…l’aria ti prende, ti coinvolge e poi ti sconvolge in quella danza sempre uguale ma sempre diversa, ogni passo ha un significato diverso, occhi che non si conoscono si incrociano, c’è intesa..la danza parla e le persone di conoscono senza aprir bocca…”Sogno o son desto?”..son desto, cosa volete? Questa è la terra dei santi, qui tutto può succedere…”Sant M’chel mij, statt bbon”..ci vediamo tra un anno a Carpino

scritto da Domenico S. Antonacci © 2010
la pubblicazione potrà eventualmente essere consentita previa richiesta (informale)
Il testo contiene alcuni errori e frasi da rivedere, ho preferito non correggerle..l’articolo come lo leggete è quello autentico che ho scritto “di getto”

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