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Il pane di una volta, fatto in casa

Prima di parlarvi del pane fatto in casa voglio farvi conoscere il forno e i fornai.
Il forno era una stanza a piano terra, con la porta ad arco,una finestra che serviva a dar luce e aria, poi “l’altare del forno” cioe` il forno vero e proprio con un appoggio tipo davanzale detto altare; subito accanto una specie di ripostiglio stretto e nero in cui era ben stipato sotto l’ altare del forno.
Accanto a questo deposito, una piccola vasca piena d’acqua in cui il fornaio spegneva gli strumenti di legno che usava per pulire, poi per alimentare il forno e infine per sfornare.
In determinate occasioni, oltre al pane, venivano infornate pizze, taralli e la teglia di pane e carne.

Tale ambiente era un po’ triste perche` le mura, la finestra, la volta erano annerite dal fumo… chissa` da quanti anni!
Per non parlare del pavimento mal livellato e coperto di cenere e farina, il fornaio aveva un compito gravoso e facile ad ammalarsi, poiche` il suo lavoro si svolgeva di nottetempo.
Ora ve ne spiego le ragioni, ma devo prima dirvi cosa faceva in casa mia madre.
Finita l’ultima pagnotta, diventata alquanto dura, la mamma si apprestava a rifare l’altro pane: la sera preparava a fazz-taur, la madia, la metteva sopra u’-su-tta-tur, panca fissa accanto al camino, dentro vi poneva un certo quantitativo di farina di grano e in un angolo, sopra u ca-taun da cam-naer (mensole del camino), poneva un vasetto di creta unto e bisunto con dentro u-crscent, lievito naturale, che le donne usavano prestarsi.
La sera mamma mi chiamava e mi mandava da La-vrenz a cn-ciar a dire: ma-mm a – fa u pan-o-pr-jm: mamma deve fare il pane al primo forno.
Dopo si andava a letto a dormire, ma, sul piu` bello della notte, un bussare veloce, frenetico alla porta, a volte anche alla finestra, e una voce alta, stridula, che sembrava colma di minacce, diceva: cu-mma` Ru-s-ne` a t-m-bra`! Commara Rosinella devi impastare!
Passava il fornaio di casa in casa, dalle proprie clienti per due volte, alle quattro e alla sei del mattino, perche` in nessuna casa c’era una sveglia!
La mamma si alzava, accendeva il lume, si metteva addosso a man-tell d’lan, una mantellina di lana lavorata all’uncinetto; legava sul capo un fazzoletto bianco alla castaganara, per evitare che i capelli cadessero nella madia, poi si segnava con un segno di croce e metteva a riscaldare l’acqua marina.


Si` proprio l’acqua marina, che era andata a prendere alla spiaggia, alle scalette al calar del sole e col batticuore, perche`, se l’avessero scoperta i finanzieri, l’avrebbero di sicuro multata! Era vietato, infatti, prendere l’acqua di mare: si doveva comprare il sale del tabaccaio, per ordine dello Stato.
Riscaldata l’acqua, scioglieva il lievito e lo impastava con la farina.
Tale lavoro durava un bel po`, ed io ero li` vicino a lei, seduto saup u ca-taun da c’m -nair,sul cantone (pedata) del camino; la guardavo assonnato, ma deciso a non perdere neanche uno dei suoi movimenti.
Conclusa questa prima parte, io tornavo a letto, mentre lei, mia madre, continuava nei lavori di casa.
Dopo un paio d’ore ritornava il fornaio e di nuovo bussava con forza alla porta e gridava:: Ru-s-ne` i pa-ne-tt, Rosinella prepara le pagnotte!

A cura di Cardone Libera e Quagliano Michela, Classe II B, Media di Peschici(a.s. 2004/2005)

Fonte: 970ad.it
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