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Le spie sul Gargano nel XVI secolo

Quel pellegrino a Manfredonia, cercava di passare inosservato, ma non gli sfuggiva niente di quello che accadeva intorno. Quel frate cercatore sconosciuto, a Lesina, riservava più attenzione agli atteggiamenti dei passanti che ad opere di bene. Quel cieco, a Vieste, aveva poco da dire ma quanto a vedere e sentire ci vedeva e sentiva anche troppo. Strano a dirsi oggi, ma cinquecento anni fa la Capitanata era un nido di spie, un covo di intrighi e delazioni, esposto ad azioni di spionaggio e controspionaggio, nel puro stile dei servizi segreti internazionali. Anche la provincia di Foggia era nell’orbita delle attenzioni della rete spionistica allestita dalla Repubblica di Venezia, quando la Serenissima era giunta alla massima espansione, nel 1500, a dominare gran parte delle coste adriatiche.

Venezia, infatti, è stata tra i primi stati italiani a sviluppare un apparato di spionaggio e controspionaggio.
È in quella fase che località del territorio dauno entrarono di frequente nei dispacci riservati delle spie al soldo dei Dogi. Intanto, la presenza di robusti monaci e pellegrini dallo sguardo attento si moltiplicava in tutti gli scali del litorale garganico, proprio mentre aumentavano le retate di ebrei convertiti al cristianesimo, accusati di spionaggio al servizio del corsaro turco Barbarossa, il carnefice di Vieste.

Uno spagnolo e un siciliano vennero arrestati alle Tremiti nel 1567, accusati di spiare per Costantinopoli. Strani personaggi si adoperavano a favorire diserzioni militari a Lesina, sempre a vantaggio delle mire turche sulla Puglia. Sono solo alcuni aspetti locali delle attività segrete di una potenza disposta a moltiplicare corruzione, ricatti, sabotaggi e omicidi per difendere i propri interessi.

Avversario della Serenissima, come si vede, era soprattutto l’impero Ottomano. Gli altri stati risultavano sempre coinvolti nelle mire sull’Adriatico, ma erano attratti da un altro scenario, ricco di sviluppi, aperto dopo la scoperta dell’America, nel 1492. Gli equilibri europei si spostarono infatti sulle rotte commerciali atlantiche e il Mediterraneo prese a retrocedere lentamente in seconda serie sulla ribalta mondiale. La storia dell’Europa moderna passa anche dal grande cambiamento della navigazione e del combattimento navale nel 1500, che avviò il dominio europeo nel mondo.

IL TESTO DI GLETE – Questa la tesi di un saggio postumo dello storico svedese Jan Glete (“La guerra sul mare 1500-1650”, il Mulino 352 pag. 28 euro). Quindi, la competizione per il controllo delle rotte commerciali oceaniche spostò gli equilibri dal Mediterraneo all’Atlantico e gli assetti di potere si decisero in mare, non più sulla terraferma. Tra Cinque e Seicento ebbe luogo un grande mutamento nel mondo della navigazione in generale e nel modo di combattere in mare che pose le basi della trasformazione dell’assetto del Vecchio Continente e del predominio europeo sul globo. Glete ha studiato nel dettaglio cause e conseguenze di questo mutamento: gli sviluppi tecnici e organizzativi, le nuove tattiche e strategie, la formazione di marine statali permanenti, e ne illustra gli effetti nelle diverse aree europee. L’asse mediano della leadership si trasferì dall’area mediterranea all’Europa nordoccidentale (Portogallo, Inghilterra, Olanda).

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