CONVEGNO studi “La necropoli di Monte Pucci” a Vico del Gargano,
a cura della Soprintendenza per i beni archeologici della Puglia.
Appuntamento il 19 e 20 Febbraio all’Auditorium «R. Lanzetta».
La storia e le origini delle popolazioni che dalla preistoria in poi
hanno soggiornato sul territorio garganico è nota solo parzialmente. Monte Pucci
ha molto da rivelarci e da raccontarci. I risultati ottenuti dalla
recente campagna scavo (Finanziamento POR Puglia) hanno evidenziato una
stratificazione archeologica che supera quanto fino ad ora noto.
Alcuni stupendi reperti della necropoli |
Progetto e direzione del Convegno a cura di Nello Biscotti e Michele
Giglio e della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia.
Tutela e Valorizzazione storico-archeologico-ambientale
della Necropoli Paleocristiana di Monte Pucci
Progetto finanziato con fondi della Regione Puglia –Servizio Beni Culturali-, “Risorse P.O.R. Puglia 2000-2006, FESR Asse II –Risorse Culturali- Misura 2.1” per l’ importo di €. 510 204,08.
Progettazione: Ufficio Tecnico del Comune di Vico del Gargano
Direttore dei Lavori: Arch. Michele Giglio, Dott.ssa Giovanna Pacilio –Soprintendnenza per i Beni Archeologici della Puglia
Consulenza botanica: Nello Biscotti
Ditta esecutrice dei lavori: Macchiarola srl di Campobasso.
Gli elementi progettuali su cui si è fondato il progetto possono essere così schematizzati:
1. Rendere “visibili” gli ipogei
Pulitura (vegetazione spontanea) e bonifica di tutti gli ipogei di materiale di crollo, e di erosione, eolica, idrica.
Apposizioni di cippi lapidei che numerano tutti gli ipogei e aggiornamento dei rilievi planimetrici.
2. Scavo e Restauro di alcuni ipogei
Interventi di messa in sicurezza, pulitura materiale estraneo.
Apporti specialistici (restauratori) per mirati interventi di restauro.-sotto la Direzione Scientifica della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia, nella persona della Dott.ssa Giovanna Pacilio.
3. Recuperare e valorizzare gli aspetti floristico-vegetazionali
Potature mirate di tutti gli elementi arborei, tra i quali caprifichi, olivi ed olivastri.
4. Valorizzare l’uso agropastorale
Recupero e restauro di alcuni manufatti agropastorali che sono presenti nell’area.
Piantumazione di una collezione di fichi (varietà locali) che sottolineano lo scenario rupestre del sito, lungo il percorso o nelle immediate vicinanze delle grotte.
5. Divulgare anche sul piano didattico i valori storici, archeologici e naturalistici
Gli stessi ipogei, diverranno i luoghi della divulgazione e della didattica, con appositi pannelli che illustreranno tutte le caratteristiche ambientali (tra le quali anche la destinazione a SIC) ed archeologiche dell’area.
Il sito, noto anche come necropoli di Monte Pucci (Piana di Calenella), ancor prima Monte Porcio, da Orcus, Orcinus, Monte sepolcrale (Del Viscio, 1887), si colloca nel versante nord-occidentale di un piccolo promontorio che si staglia a mare con un’imponente falesia. La fisiografia, il suo paesaggio vegetale che si esprime nella sua massima “mediterraneità”, le sue rocce bianche (rupestre) rendono il sito che ospita la necropoli, alquanto particolare. Lo scenario paesaggistico-ambientale evidenzia un altissimo grado di naturalità, sia per la ricchezza biologica (flora e fauna), sia per la natura delle dinamiche ecologiche in atto. Si colloca, tra l’altro nel Sito di Importanza Comunitaria, identificato come SIC Pineta Marzini .
Da anni l’area, in particolare gli ipogei, versava in uno stato di totale abbandono, numerosi fenomeni di crollo o di erosione eolica e idrica, hanno cambiato la fisionomia degli stessi per cui i processi di interramento non si sono fermati (materiale terroso non manca mai negli ipogei). L’espansione della vegetazione spontanea ed in particolare l’invasione di numerosi caprifichi hanno occluso e reso inaccessibili gli ipogei. resi “invisibili”, i da macchiose vegetazioni di fichi, roveti, olivastri e lentischi. I fenomeni descritti, per quanto positivi sul piano delle dinamiche naturalistiche, hanno determinato, indubbiamente la completa perdita di visibilità del sito.
Sul sito di Monte Pucci, si concentrano diversi studi, tra l’altro autorevoli, primo fra tutti Giuseppe Del Viscio (1887), a cui si deve la scoperta del sito Seguiranno poi le campagne di ricerca prima di R. Battaglia (1957 e 1975), e poi di C. Corrain (1957, 1964), suo allievo, dell’Università di Padova, sempre accompagnate dalle continue segnalazioni del garganico Francesco Delli Muti che non mancherà mai di citare la Necropoli di Monte Pucci nelle sue pregevoli pubblicazioni sull’universo Gargano. A Corrain e Gallo (1962), si deve l’attestazione dell’importanza storico-archeologica del sito e del suo pieno riconoscimento in ambito scientifico ed accademico. In questa sede meritano di essere ricordati una tesi di laurea (Ipogei paleocristiani del Gargano, Facoltà di Lettere, Università di Roma, 1964) di Annamaria Ariano (Ischitella), che rileva con estremo rigore scientifico gli ipogei con rilievi planimetrici, documentazione fotografica e soprattutto attente e scrupolose descrizione della necropoli nella sua interezza).
L’utilizzazione pastorale ha qui radici antiche, con le quali s’intrecciano nel corso del tempo le necessarie pratiche agricole segnate dall’olivo e da seminativi a cereali. Scenario che si ritrova in una piccola monografia di Del Viscio (Una necropoli riferibile ai primordi del Cristianesimo sul Gargano, 1887). Si vuole dare merito pertanto a questo studioso vichese, professore, ispettore scolastico, che con questa sua monografia segnalò per primo la necropoli alla comunità scientifica, monografia che rimane ancora oggi, a distanza di oltre un secolo, un insostituibile documento di ricerca.
La Necropoli a seguito dei recenti scavi eseguiti grzie ai fondi della Regione Puglia ha destato notevole clamore e attenzione da parte delle Istituzioni locali e dei cittadini, in quanto sono state rinvenute sepolture multiple non violate, dalle quali si è recuperato numeroso materiale vitreo ed in metallo prezioso con l’attestazione del culto di Diomede per la prima vota su di un oggetto recuperato in strato che ha messo in discussione l’appartenenza degli ipogei al periodo Paleocristiano; infatti il nuovo scenario comporta una datazione non più riferibile al III- IV secolo d.c., bensì al II-I secolo a.c.come comunicano i tecnici della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia