In questo lavoro si presentano i risultati di un’indagine etnobotanica condotta in tre
territori del Subappennino Dauno (Monti Dauni settentrionali, centrali, meridionali),
comprensorio “interno” e montano della Puglia, uno dei quali è dal 1999 riconosciuto isola
linguistica franco-provenzale (Faeto, Celle San Vito).
L’obiettivo della ricerca era quello di
registrare le conoscenze popolari sugli usi alimentari tradizionali delle “verdure” selvatiche,
in termini di specie, nomi dialettali, parti utilizzate e preparazioni culinarie. Dalla
comparazione dei risultati con quelli riportati in letteratura etnobotanica in Italia e in
particolare per il Gargano, altra area interna e montana della Puglia, sono emersi utilizzi
singolari di specie, peculiari preparazioni culinarie e aspetti antropologici interessanti. Le
conoscenze in merito agli utilizzi alimentari delle erbe selvatiche sono patrimonio culturale
di tutta la comunità; l’utilizzo coinvolge tutti gli strati sociali della popolazione, dal
nullatenente, al contadino, al ceto impiegatizio e nobiliare.
Le piante selvatiche
rappresentano l’ingrediente di più pietanze importanti (minestre, bolliti, con pasta, con
carne); si conserva ancora la tradizione di legare questi piatti alla domenica o alle feste
religiose. Queste peculiarità sono risultate particolarmente evidenti e ben radicate nella
comunità franco-provenzale, che conserva nei fitonomi e nelle preparazioni culinarie tracce importanti delle sue origini, adattate in un paesaggio interno e montano di una regione
“piatta” e mediterranea come la Puglia. L’indagine può dimostrare che l’utilizzo alimentare
delle erbe selvatiche va oltre la dimensione storica dell’urgentia; infatti le stesse, nel caso
del Subappennino, sono ancora tutt’oggi elementi importanti della tradizione alimentare e
gastronomica.
[…] Confrontando i risultati con quanto noto nel vicino Promontorio del Gargano (Biscotti & Pieroni, 2015), emergono differenze interessanti come si evince dalla in Tab. 2 che confronta le preparazioni culinarie prendendo in considerazione le sole specie comuni: Dioscorea communis nel Gargano è utilizzato in bolliti conditi con olio, mentre nel Subappennino in frittate; Sinapis arvensis è il condimento della pasta nel Gargano, è saltato in padella invece, con grasso animale e peperoncino nel Subappennino. Con Borago officinalis nel Gargano vengono preparate minestre, mentre nel Subappennino si utilizzano le foglie fritte, si preparano frittate e addirittura dolci (torta “pasqualina”). Specie del genere Taraxacum nel Gargano sono utilizzate in zuppe di pesce, nel Subappennino in minestre di carne di maiale o di fagioli. Nel Gargano e nella pianura foggiana, le misticanze sono cotte con pane raffermo (pancotto), nel Subappennino sono ingredienti di minestre (zuppe) con pane (Panguajé) o di piatti con la pasta; foglie e giovani getti di Smyrnium olusatrum nel Gargano sono utilizzati in insalate condite con olio d’oliva e aceto, nel Subappennino sono fritte. Nel Subappennino è ancor più forte, dunque, la combinazione delle erbe selvatiche con la pasta. Cambia lo stesso pancotto, qui condito con “pancetta fritta” e, lo stesso olio d’oliva è sostituito quasi sempre con grasso animale (sugna). Altro elemento distintivo è la combinazione frequente delle erbe selvatiche con i fagioli; nel Gargano come in tutto il foggiano, il legume più usato è, invece, la fava (Biscotti, 2012). Rispetto al Gargano il Subappennino utilizza meno specie, ma rivela legami più intensi con le erbe selvatiche e, soprattutto preparazioni culinarie, diversificate e più ricche, nelle quali hanno un ruolo importante la carne o il grasso animale. Il legame più intenso è probabilmente spiegabile per la condizione di isolamento socio-culturale del Subappennino rispetto al Gargano, più esposto ai mutamenti socio-economici ai quali ha certamente contribuito l’industria turistica (balneare, religiosa). L’uso di carni e grassi animali sono senza dubbio riconducibili alla natura più “montana” del Subappennino Dauno rispetto al Promontorio del Gargano.[…]