di Ecologia e Scienze Naturali
Il pescato del giorno, signore e signori!
Tra le tante immersioni fatte quest’estate, questo è stato il “bottino” che, più o meno ogni giorno, ci siamo portati via dai fondali. Sott’acqua giacciono, come fantasmi, pezzi di cordame con buste di plastica incastrate, costumi da bagno abbandonati o persi (!), frammenti grandi, piccoli e minuscoli di plastica e, soprattutto, i maledetti retini per il commercio di mitili e altri frutti di mare. Molto spesso si ritrovano spiaggiati, ma non immaginate quanti ce ne siano sul fondo del mare, pochi metri sotto la superficie o in profondità. Queste reti, rigide e pericolosissime per la fauna marina, sono un vero flagello e anche un simbolo della nostra idiozia. La comunità dei mitilicoltori e chi vende e acquista frutti di mare dovrebbe prontamente abbandonare e/o boicottare questo tipo di rete, perché – possiamo assicurarvi – in alcune aree può diventare la fonte di inquinamento prevalente da plastica, a fronte di un mare piuttosto pulito. Abbiamo visto pesci vivi incastrati in queste dannate reti, le abbiamo viste formare delle trappole sott’acqua pericolose anche per i sommozzatori. Studi recenti (trovate i link nei commenti) dimostrano che una tartaruga marina che ingurgita 14 pezzi di plastica ha una probabilità di morire del 50%, e che detriti in plastica sono arrivati fino a 6000 m di profondità, con una densità fino a 335 pezzi di plastica per chilometro quadrato. Non ne vale la pena, per quanto buoni siano gli spaghetti con le cozze bisogna trovare un modo alternativo per allevarle e commercializzarle. La lotta per il futuro dei nostri mari passa anche da qui.