-Rendere accessibili ai veicoli il maggior numero possibile di strade
-Conservare le vedute panoramiche, tenendo conto della possibile creazione di un centro turistici
-Creare nuove strade e piazze adeguate alle future esigenze del Comune tenendo conto che MSA è meta di importanti pellegrinaggi
-Formare un piazzale avulso dalle linee di transito che possa agevolmente servire come mercato, fiere
-Formazione di spazi di verde pubblico
Erano questi gli obiettivi principali del Progetto per il nuovo Piano Regolatore dell’anno XIII dell’epoca fascista, realizzato tra il 1934 e il 1938 dall’Ingegner Tito Bruner per la cittadina di Monte Sant’Angelo.
Ma andiamo per passi. L’ingegnere Tito Bruner risulta attivo a Roma negli anni ’20 nell’ambito degli interventi dell’Istituto Case Popolari (vedi Case ICP Flaminio II, Piazza Perin del Vaga).
All’epoca si fa avanti un gruppo di progettisti, rappresentato dal più noto Mario De Renzi (gli altri nomi sono Innocenzo Costantini, Giorgio Guidi, Plinio Marconi, Felice Nori, Carlo Polidori, Pietro Sforza, Giovan Battista Trotta, Angelo Vicario e il nostro Tito Bruner), che si pongono nella loro opera un compito molto concreto, lontano dalle speculazioni figurative delle avanguardie, quello di fornire case solide e decorose alla popolazione più disagiata.
Questo è fondamentale per capire l’approccio di Bruner al progetto di Monte Sant’Angelo.
Parliamo di una cittadina che all’epoca sfiorava i 20000 abitanti, molti più di oggi ma in molte meno abitazioni. Una densità, dunque, alta, delle condizioni igieniche spesso precarie: gran parte della popolazione, infatti, viveva nei due quartieri “Grotte” e “Fosso”, agglomerati di grotte scavate nel banco roccioso, senza alcuno dei servizi che ormai erano ritenuti alla base di un vivere decoroso.
“Per altre zone quali grotte e il fosso ogni idea di accomodamento è da scartare. Non è possibile mettere ordine in quegli ammassi irregolari annidiati nella roccia a cui si accede per viottoli ricavati nel masso. Occorre quindi sopraffare nuovi edifici e nuove vie inesorabilmente sin dove la località è sfruttabile”, scrive il Bruner preannunciando la demolizione di edifici e la costruzione di nuovi secondo “norme igieniche e nuovi concetti economici e sociali”.
Ecco che, come si sarebbe concretizzato a Matera negli anni ’50, Bruner pensa al trasferimento in massa delle classi sociali più basse in nuovi alloggi popolari che sarebbero sorti laddove erano le grotte (cosa in parte verificatasi con il quartiere del Fosso).
Una foto di ciò che resta del Rione Grotte, sotto lo Junno (ne ho scritto qui) Demolizione a Rione Grotte, anni ’60 durante l’ampliamento della strada panoramica
All’epoca era in voga il termine “risanamento”, che veniva fuori dalla “questione igienica” affrontata per la prima volta a Napoli a metà ‘800 (si veda il Risanamento di Napoli).
A tal proposito ho pubblicato anche un approfondimento in Notizie sulle condizioni economico-sociali ed igienico-sanitarie della popolazione di Capitanata, 1925 mentre sul vivere in grotta in fondo al post vi lascio il pdf di Abitazioni rupestri e grotte dei cordari a Monte Sant’Angelo, 1960.
Bruner si trova di fronte una missione non certo facile, come traspare dai suoi appunti (a fine post il pdf completo). Evidenzia, infatti, la difficoltà di “zonizzare” la cittadina dell’Arcangelo in contesto orografico difficilissimo e che poco lasciava (e lascia) alla fantasia. Monte Sant’Angelo, in fondo, è costruita sulla cresta di un monte. Oltretutto la missione era resa più ardua dalla doppia esigenza di risanamento da una parte e accoglienza dei pellegrini dall’altra.
Ed è a tal proposito che il progetto ha mosso maggiormente la mia curiosità, basta guardare le elaborazioni cartografiche e i disegni.
L’ingegner Bruner affrontò di petto, è il caso di dire, l’accessibilità al Santuario di San Michele che, come oggi, avviene tramite vie strette, curve e che poco lasciano alle ampie vedute.
Insomma, si scontrava con il tessuto urbano medievale di Monte Sant’Angelo, quello che tutt’oggi caratterizza il centro abitato intorno alla Grotta.
Come fare allora?
Una sola parola: sventrare.
Sottostante, in giallo, il tessuto medievale che sarebbe stato distrutto.
L’idea (folle, diremmo oggi) era quella di abbattere gli edifici del centro storico che occupano l’impluvio naturale tra l’ingresso della Grotta di San Michele fino all’attuale Largo Dauno (quello che ospita i concerti di Festambiente, per intenderci).
Così facendo sarebbe stato possibile realizzare la “rampa della Basilica”, come viene chiamata dal Bruner, un viale monumentale che sarebbe partito dalla strada panoramica (quella “bassa” che ancora oggi permette di apprezzare le tipiche vedute sulle case a schiera) salendo fino a raggiungere il Santuario.
A me quest’idea mi ricorda qualcosa, a voi no?
Cosa avrebbe voluto dire realizzare tali interventi? Sicuramente rinunciare a una delle vedute più tipiche e apprezzate di Monte Sant’Angelo, ma rinunciare anche a qualcosa di più profondo, storicamente e culturalmente rilevante e prezioso.
Intento condivisibile, quello del Bruner, di gestire i flussi e gli accessi alla zona sacra, tema non nuovo a Monte Sant’Angelo se si pensa ai profondi interventi angioini per la monumentalizzazione del Santuario che vide il nuovo ingresso da Sud in luogo dell’originario dalla Valle Carbonara.
Col senno di poi, sarebbe rimasto il problema del parcheggio degli autobus turistici, e magari il vialone avrebbe fatto la fine di quello di Renzo Piano nella vicina San Giovanni Rotondo, praticamente inutilizzato.
oggi in quel viale vi potete ritrovare spesso a camminare da soli.
Comunque gli interventi in favore del turismo non finivano qui.
Bruner pensa a tre strutture d’accoglienza, tre tipi di albergo: uno dedicato a pellegrini poveri, un albergo “comune” e una pensione di caratere stagionale.
Per Bruner, infine, una città accogliente doveva essere una città verde, e mentre si continuavano ad abbattere i pochi lecci rimasti, lui ne consigliava la piantumazione praticamente in ogni punto possibile (“piantare alberi dappertutto”, scrive, “lungo le provinciali e e la panoramica, malgrado pregiudizi e opposizioni”).
Curiosità: l’ingegnere raccomanda che, malgrado il nuovo acquedotto pugliese, “non si perda l’abitudine di raccogliere le acque piovane e conservare le antiche cisterne pubbliche”, da utilizzare sopratutto per irrigazione di giardini e piantagioni.
Per chi si volesse divertire a spulciare tra i pdf ecco il link alla fonte, e qui anche la documentazione sul PRG del 1886 (ma è incompleta).
Brevi appunti dal PRG dell’Ing. Bruner
Abitazioni rupestri e grotte dei cordari a Monte Sant’Angelo, 1960