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Oche giganti, megatopi e cervi-mucche: Ecco gli animali preistorici GIGANTI che vivevano sul Gargano

Topi giganti, oche alte 2 metri, cervi-mucche e vari altri animali che sembrano usciti dalla matita di un disegnatore di cartoon…sta per cominciare un viaggio nell’isola-Gargano di milioni di anni fa.

Se con una macchina del tempo fossimo capaci di tornare indietro di qualche milione di anni (tra 2 e 23), sicuramente non riconosceremmo il nostro caro Gargano. A quell’epoca il promontorio non era altro che un’isola, o meglio un arcipelago di piccole isole.

Mappa dell’Italia nel Neogene.
Mappa da Angelone, C. “Messinian Prolagus (Ochotonidae, Lagomorpha) of Italy.” Geobios 40, no. 3 (May 2007)

Gli animali che vivevano sul Gargano (e in Abruzzo, e sulla Murgia, si tratta grosso modo della stessa fauna) erano così peculiari da meritarsi un nome tutto loro, “fauna a Microtia”, dal nome di un gruppo di roditori endemico, i Microtia, appunto. Di questi animali, alcuni erano li’ presenti dal mesozoico, altri erano arrivati nell’Oligocene tramite il ponte di terra con la Dalmazia, altri arrivarono nel Miocene usando momentanei ponti di terra o la solita zattera di mangrovie, deus ex machina favorito dei paleontologi, ma questa volta la cosa non sarebbe neanche campata per aria, in Europa c’erano un po’ ovunque mangrovie del genere Nypa. Questi i gruppi presenti secondo Freudental (1971), lo studioso che per primo scoprì e studiò i fossili delle fessure carsiche fossilifere del Gargano.

Da studi successivi si sa però che c’erano almeno 28 specie di uccelli (aves), di cui almeno sei specie di rapaci notturni e tre di rapaci diurni (Accipiter). C’era anche una lontra endemica a rappresentare i carnivori. Niente elefanti, cavalli, rinoceronti e altra roba grossa moderna, e nessuno neanche dei loro antenati, poiché l’isola abruzzo-pugliese era troppo distante dall’Appennino, che fungeva da ponte con l’Africa. Questi animali arriveranno in seguito, alla fine del Pliocene, quando il tavoliere, sollevandosi, unirà il Gargano al resto d’Italia. La particolarità della fauna del Gargano è quindi che si è evoluta per alcuni milioni di anni in quasi totale isolamento, evolvendo delle caratteristiche uniche e bizzarre, tra cui una particolare forma di gigantismo di tutti i mammiferi presenti, tranne uno che invece è nano. 

Come facciamo a sapere che sul Gargano vivevano dei “giganti”?
Nei decenni scorsi nell’area compresa tra le cave di Apricena e le pendici del promontorio (cave Biancone, Cantatore, Chirò, Falcone, Fina, Gervasio, San Giovannino, Monte Granata, Nazario, Pirro, Pizzicoli, Posticchia e Rinascita), su quella che doveva essere l’antica linea di costa, sono stati trovati tantissimi fossili (oltre a diverse impronte di dinosauri), tra cui proprio i resti di diverse specie giganti al momento ritenute “endemiche“, ovvero viventi solo in questa zona.

Quali erano gli animali giganti del Gargano?
I nomi scientifici ci dicono poco, ma dopo l’elenco troverete alcune immagini:

  • Hoplitomerix
  • Deinogalerix
  • Paralutra garganensis
  • Hattomys gargantua
  • Stertomys
  • Mikrotia
  • Paralutra garganensis
  • Garganornis ballmanni
  • Tyto gigantea
  • Tyto robusta
  • Prolagus imperialis
  • Prolagus apricenicus
  • Garganoaetus murivorus
  • Garganoaetus freudenthali
  • Apodemus gorafensis
  • Strix perpasta
  • Columbia omnisanctorum
  • Apus wetmorei

Come si nota, molti nomi hanno rimandi diretti al Gargano e ad Apricena.
Due in particolare sono gli animali straordinari di questo ecosistema: l’insettivorone gigante e il proto-cervomucca dai denti a sciabola.

L’insettivorone gigante, noto alla scienza come Deinogalerix koenigswaldi, il fossile più peculiare trovato sul Gargano da Freudenthal, era un parente stretto dei ricci (Famiglia Erinaceidi), ma tecnicamente il suo parente più prossimo non era un riccio ma un gimnuro, un gruppo piuttosto primitivo di animali ora presenti solo con sette specie nel sud-est asiatico ma allora diffusi in tutto il Paleartico. Come i gimnuri e a differenza dei ricci, neanche i Deinogalerix avevano le spine, e probabilmente come aspetto erano molto simili ad Echinosorex gimnurus. La peculiarità dei Deinogalerix erano essenzialmente le dimensioni record: 9 kg e 60 cm di lunghezza (coda esclusa), con un capoccione di 20 cm, praticamente grossi come un cane di media taglia o una volpe, i più grossi insettivori mai esistiti. Echinosorex gimnurus, l’insettivoro più grande oggigiorno esistente, pesa massimo due chili ed è grosso come un coniglio, un riccio (l’insettivoro più grosso oggi presente in Europa) pesa in media un po’ meno di un chilo, due chili come record assoluto, ed è lungo circa 25 cm.

Deinogalerix koenigswaldi, l’insettivorone gigante

Cosa portava il Deinogalerix a crescere? Innanzi tutto il fatto di essere su un’isola. Ci sono diversi studi a supporto del fatto che i mammiferi piccoli, sulle isole, tendono ad aumentare di dimensioni e i mammiferi grandi a rimpicciolire. Fondamentalmente i mammiferi hanno un range ideale di dimensioni (variabile a seconda del gruppo) ma possono diminuire la taglia per sfuggire meglio ai predatori (come i topi) o aumentarla per scoraggiarli (come gli elefanti), o anche per occupare nicchie differenti rispetto ai loro competitori. Sulle isole dove questo tipo di pressioni diminuisce per via che la fauna è scarsa rispetto alla terraferma gli animali tendono a ritornare al loro “peso forma” e quindi a rimpicciolire se erano cresciuti troppo (come gli elefanti nani di malta) o ad aumentare di taglia come ad esempio i temibili topi dell’isola di Gough se erano piccoli. Il “peso forma” ideale dei mammiferi si aggirerebbe intorno a 1-2 kg, ma questo solo perchè roditori ed insettivori costituiscono il 75% delle specie e incidono sulla media.

Poi abbiamo il “proto cervo-mucca dai denti a sciabola“, un progenitore di mucche, cervi, giraffe etc, ma ci arriviamo tra poco.

Deinogalerix, come si è detto, non era il solo mammifero ad aver raggiunto dimensioni eccezionali: nella fauna del Gargano si trovano i resti di due specie di lagomorfo, Prolagus apricenicus, più piccolo e più “antico” e Prolagus imperialis, il più grosso Prolagus mai vissuto (i Prolagus erano parenti dei conigli, delle lepri e dei pica, ed erano diffusissimi in tutta Europa, Asia e Nordafrica nel Miocene, avevano le orecchie piccole e tonde, coda piccola e il dorso piegato in modo da farli sembrare sempre in posizione seduta). P. imperialis era anche più grosso del prolagus già eccezionalmente grosso della fauna pleistocenica sarda che ha resistito in tempi storici e si è estinto nel 1700 (pare fosse ottimo da mangiare). L’antenato (o gli antenati, non è chiaro) di queste due specie arrivò dai Balcani tardi sul Gargano, circa 5-6 milioni di anni fa, grazie ad un abbassamento del livello del mare nel Messiniano ma ciò non gli impedi’ di aumentare le dimensioni in un tempo brevissimo. L’ambiente, come si è detto, era caratterizzato da praterie e clima arido in cui le piante C4 ricche di silicio e le monocotiledoni avevano preso il sopravvento e i prolagus endemici dovettero sviluppare dei denti particolari e unici per fare fronte a questo cibo abrasivo, consentendogli di divenire sempre più abbondanti verso la fine del Miocene per mancanza di predatori.

Delle tre specie di ghiro una era gigante, pari a circa il doppio di un ghiro attuale. Fenomeno strano, i ghiri del Gargano non presentano il fenomeno dell’ipsodontia, ovvero l’ingrossamento della corona e la riduzione della radice che serve a limitare l’abrasione quando il cibo è molto duro, caratteristica dei roditori moderni. Evidentemente le proto-nocciole e le ghiande dei pochi alberi rimasti erano molto tenere nonostante il clima arido.

Sul Gargano vi erano anche diverse specie di criceto, animali che amano i climi aridi. L’antenato (o gli antenati) arrivò probabilmente anche lui nel Messiniano, quando si abbassarono le acque, e come avrete già intuito cominciò ad aumentare di dimensioni. Il solito Freudanthal riconosce una successione di tre specie che vanno da Hattomys beetsi, grosso quanto un moderno Cricetus cricetus, a H. nazarii di dimensioni intermedie a H. gargantua che come il nome lascia intuire era un bestione grosso circa il doppio del suo antenato, praticamente quanto un gatto di piccola taglia. Poi c’erano altre specie di criceto in compresenza, un Megacricetodon,  un Cricetulodon e un “normale” Cricetus che evidentemente prendeva sberle da tutti gli altri, conoscendo il “caratterino” dei criceti.

La lontra endemica, che si chiamava Paralutra garganensis era… indovinate un po’? di dimensioni molto grandi e mangiava bivalvi e non pesci come le altre lontre. Anche la lontra segue il trend collettivo e cresce di dimensioni, pur non essendo un predatore dei vari sorcioni giganti. Forse il microclima del Gargano, allora come oggi, era molto rigido e la lontra “crebbe” per proteggersi dal freddo delle acque in inverno. Oppure anche i bivalvi erano giganti.

Garganornis ballmanni

E non possiamo non citare l’oca gigante vissuta nel Gargano oltre 5 milioni di anni fa, Garganornis ballmanni.
Era alta un metro e mezzo e pesava più di 20 chilogrammi, non riusciva a volare, ma aveva sviluppato dei calli ossei sulle ali che le permettevano di combattere. Finora sono stati trovati rarissimi reperti tra Abruzzo e Gargano, solo ossa di zampe e ali. Probabilmente era un animale terrestre, perché le falangi delle zampe erano corte e tozze, dunque più adatte a camminare che a nuotare. Altrettanto sgraziate erano le ali, troppo corte per spiccare il volo, ma dotate di un callo osseo sul carpometacarpo (l’equivalente delle ossa della mano nell’uomo) che poteva essere usato come arma nei combattimenti per il controllo del territorio. Libera da predatori, l’oca gigante potrebbe essersi estinta dopo poche centinaia di migliaia di anni, a causa dell’innalzamento del livello del mare che avrebbe portato alla scomparsa delle isole.

Ed infine veniamo a lui, l’unico animale che nella terra dei giganti dei viaggi di Gulliver che era il Gargano, è rimasto piccolo: Hoplitomeryx, il proto cervo-mucca, aveva le dimensioni e l’aspetto complessivo di capriolo ma, attenzione, non era un Artiodattilo. E’ infatti da considerarsi alla base dei lignaggi dei bovidi, dei cervidi e delle giraffe, un parente indifferenziato dell’antenato comune di tutti gli artiodattili. L’Hoplitomeryx arrivò relativamente presto sul Gargano, già nell’Oligocene, e si diffuse rapidamente anche in Abruzzo (Scontrone), ma rimase isolato dal resto del mondo. Così, mentre in Africa e in Asia nel Miocene si evolvevano  le mucche, le giraffe, i cervi e le antilopi, Hoplitomeryx rimaneva in stasi evolutiva prigioniero della sua isola, un fossile vivente, come è accaduto anche al suo cugino tragulo incredibilmente tutt’ora in giro su questo pianeta. Le immagini parlano da sole, ecco a voi il Hoplitomerix:

Hoplitomerys, da https://prehistoric-fauna.com/

La caratteristica più bizzarra di Hoplitomerys matthei, la prima specie descritta, sono le corna che sono oggettivamente un po’ troppe: un corno tipo unicorno sul naso, due corna più grandi sulla testa (non ramificate, come quelle dei caprioli) che puntano verso dietro e due corna più piccole sulle arcate orbitali che puntano in avanti. Come se ciò non bastasse, i canini sono a sciabola e lunghissimi come quelli del tragulo, appunto, o del cervo muschiato. Non essendoci nemici naturali, tutto questo ambaradan di corna doveva essere rivolto verso i conspecifici e le competizioni tra i maschi dovevano essere feroci. Per la verità, non è stato trovato nessun cranio con tutte le corna, le 4 sulla testa, quello sul naso e le due zanne. E’ anche possibile che le varie corna e zanne fossero variamente distribuite in specie diverse che si differenziarono nei vari ambienti dell’isola appulo abruzzese, come confermerebbero notevoli variazioni nella proporzione degli arti e alcune altre importanti variazioni anatomiche. Tutte le specie, comunque, seppure variabili tra lo snello e il massiccio, non diventarono mai più grosse di un pastore tedesco.

Che ne è stato di tutti questi animali?
Alla fine del Pleistocene il livello delle acque si alzò ancora e coprì molte delle isole dell’arcipelago pugliese.
Il colpo di grazia però fu l’invasione delle specie “aliene” quando il Tavoliere congiunse la zolla Abruzzo-Pugliese con l’Appennino circa 2 milioni di anni fa, tra la fine del Pliocene e l’inizio del Pleistocene. I resti di questo periodo contano infatti, a parte le già menzionate arvicole: elefanti, diversi carnivori, un cavallo, rinoceronti, un bisonte primitivo, il bue muschiato, un daino primitivo, una forma gigante di Megaceroides (cervo gigante). Accadde quello che accadde quando si unirono le due Americhe e scomparvero moltissimi  marsupiali dal Sud America: tutte le specie endemiche si estinsero, cancellate in un batter d’occhio geologico dalla faccia della terra per via dell’intrusione degli alieni. Un fenomeno naturale, certo, ma anche una lezione che sembra non abbiamo ancora imparato.

Ehi, sapevi che oggi sul Gargano troviamo diverse specie “endemiche”? Ne abbiamo parlato qui (1) e qui (2).

Referenze:

Il post è tratto in gran parte dal blog (oggi chiuso) www.lorologiaiomiope.com.

http://www.lorologiaiomiope.com/lincredibile-fauna-dellisola-del-gargano-arcipelago-puglia/

https://prehistoric-fauna.com/

http://web.me.com/uriarte/Earths_Climate/4._Tertiary_Era.html

https://www.ansa.it/scienza/notizie/ragazzi/primopiano/2017/01/12/unoca-gigante-vissuta-tra-gargano-e-abruzzo-oltre-5-milioni-di-anni-fa_c1db5aea-6490-4360-b719-d105e145ddd4.html

https://cienciaes.com/fosiles/2013/12/10/prisioneros-de-gargano/

http://www.lorologiaiomiope.com/lincredibile-fauna-dellisola-del-gargano-arcipelago-puglia/

http://www.searchanddiscovery.com/documents/97020/memoir43.htm

http://historyofgeology.blogspot.com/2010_10_01_archive.html

Angelone, C. “Messinian Prolagus (Ochotonidae, Lagomorpha) of Italy.” Geobios 40, no. 3 (May 2007): 407-421. doi:10.1016/j.geobios.2006.04.004.

Butler, P.M.,1980. Giant Miocene insectivore Deinogalerix fromGargano. Scripta Geologica 57, 1–57.

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Anonimo: La paleobiogeografia del Gargano

Mazza, P., & Rustioni, M. (2008). Processes of island colonization by Oligo–Miocene land mammals in the central Mediterranean: New data from Scontrone (Abruzzo, Central Italy) and Gargano (Apulia, Southern Italy) Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology, 267 (3-4), 208-215 DOI: 10.1016/j.palaeo.2008.06.018

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