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La storia a rischio, l’emergenza archeologica della Puglia

Oggi vi proponiamo un interessante articolo della settimana scorsa tratto dal quotidiano “la Repubblica”; il tema è incentrato sulla situazione d’emergenza di alcuni siti archeologici pugliesi, buona lettura.
Il caso più eclatante è quello di Egnazia dove al posto del parco potrebbe sorgere uno stabilimento balneare: appello di Italia Nostra al ministro Galan Notizie dagli scavi? «Ha una domanda di riserva?» ironizza, non senza una vena d’ amarezza, l’ archeologo Giuliano Volpe, rettore dell’ Università di Foggia. «Il mio maestro Joseph Mertens, docente di Archeologia all’ Ateneo di Lovanio e – racconta – scopritore della città antica di Herdonia, dopo aver lasciato a me la responsabilità degli scavi, dinanzi al disastro di quest’ area che, dopo quarant’ anni di ricerche e ben undici volumi e centinaia di pubblicazioni, resta ancora privata e in stato di abbandono, mi fece una confessione: “L’ unico errore della mia esperienza di archeologo è stato non ricoprire quanto avevo scoperto”». Un paradosso, naturalmente, che la dice lunga sulla considerazione che in Puglia, e più in generale in Italia, è destinata ai tesori della storia. «Nella nostra regione i siti archeologici attrezzati come parchi – spiega Volpe – e quindi dotati di strumenti di valorizzazione e tutela si contano sulle dita di una mano: penso a Monte Sannace, Cavallino, Ascoli Satriano, Canne della Battaglia ed Egnazia. La stragrande maggioranza dei siti, invece, sia urbani che rurali, versa in condizioni a dir poco preoccupanti. Cito, a titolo di esempio, le mura di Taranto che, pure oggetto di ingenti finanziamenti per il loro recupero e valorizzazione, sono ormai consegnate al degrado. Per non parlare del parco di Botromagno, a Gravina, peraltro oggetto di un’ indagine della magistratura: dopo le campagne di scavi e l’ avvio della sistemazione dell’ area, la situazione resta indefinita e lontana dagli standard minimi di musealizzazione».

Ma c’ è di peggio, assicura Volpe: «A Mattinata la villa romana di Agnuli, scavata parzialmente fra gli anni ‘ 70 e ‘ 80, e posta a pochi metri dal porto turistico della città, versa in totale stato di abbandono, ignorata da tutti. La stessa sorte toccata a un’ altra villa romana, quella di Santa Maria di Merino a Vieste, che, venuta a galla degli anni ‘ 50, è stata dimenticata, pur trovandosi in un’ area ad alta densità turistica». E non va meglio a Bari, secondo quel che riferisce Maurizio Triggiani, storico dell’ arte e coordinatore del sito www.pugliaindifesa.org: «Nel 2009, in strada Russo Frattasi, durante lavori di emergenza per la riparazione di una conduttura sono state rinvenute delle strutture murarie riferibili a una torre di età medievale. Questo sito dovrebbe rientrare in un’ area, conosciuta come Cillaro, appartenente a un insediamento di origine romana. Ebbene, terminatii lavori, la torreè stata nuovamente sepolta: una sorte comune a Bari e non solo. Ancora pochi anni fa, in pieno centro, in corso Vittorio Emanuele, sempre durante dei lavori, vennero rinvenute le strutture che, appartenenti alla cinta muraria edificata fra il Medioevo e il Rinascimento, costituivano la difesa fortificata del borgo antico. Sepolte anche quelle per far posto ai gazebo della movida. Un’ altra occasione sprecata: invece di coprirle si sarebbe potuto valorizzarle, rendendo visibile il passato della città». Un’ emergenza, poi, lo stesso caso di Egnazia al punto da spingere Alessandra Mottola Molfino, presidente di Italia Nostra, a rivolgere un appello a Giancarlo Galan, ministro per i Beni culturali, perché assicuri «un suo risolutivo intervento per evitare all’ area archeologica di Egnazia (sottoposta a tutela) l’ onta di divenire un parcheggio e una spiaggia tempestata di sediea sdraioe ombrelloni. Nella zona Pennagrande, a ridosso dell’ insenatura che costituiva l’ antico porto di Egnazia, segnata dal muraglione che determinava l’ estremo limite della città antica, i recenti scavi hanno rivelato pagine inedite. Peccato che sulla zona, sottoposta a vincolo di tutela, c’ è il rischio che sorga uno stabilimento balneare. Da più anni, da un lato nelle aule del tribunale amministrativo, dall’ altro con gli scavi d’ urgenza, si sta cercando di difendere una delle scoperte più importanti dell’ intera Italia meridionale. Ora ci si chiede, cosa si aspetta a realizzare, attraverso il piano di esproprio, il parco archeologico? Rimane solo da sperare che questo patrimonio non venga irrimediabilmente perso, inghiottito dal macchinario fabbrica soldi del turismo estivo di massa». Non meno a rischio, lamenta l’ archeologa Daniela Lentini, il vasto sito rinvenuto a Castellaneta, «in località Le Grotte, dove in seguito ai lavori per il gasdotto condotti dalla Snam e cominciati circa un anno fa, sono venute alla luce tracce di strutture risalenti a varie epoche storiche, dall’ età del Bronzo a quella romana. Data l’ importanza del sito che stava emergendo, la Soprintendenza archeologica ha deciso di allargare lo scavo per poter analizzare l’ importanza dell’ intera area che stava affiorando. Lo scavo è andato avanti per tutto l’ anno, facendo sì che preziose testimonianze venissero a galla, ma ora il sito rischia di essere ricoperto perché mancano i fondi per poter continuare. Abbiamo tempo fino a ottobre per raccogliere l’ aiuto di istituzioni, enti locali e privati. È l’ intera Castellanetaa chiederlo». L’ alternativa sarebbe seppellire un’ altra pagina di storia.
Di Antonio Di Giacomo

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