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La Nuova Zelanda fa i conti con il peggior disastro ambientale della sua storia

Riporto questa notizia perchè ritengo che se ne parli troppo poco in giro, dunque voglio contribuire nel mio piccolo:

Il tempo avverso ha interrotto le operazioni di pompaggio del petrolio contenuto nei serbatoi della Rena, la nave portacontainer incagliatasi nella barriera corallina al largo della Bay of Plenty
in Nuova Zelanda, causando il più grave disastro ambientale nella
storia del Paese. Delle 1700 tonnellate di greggio pesante, della
consistenza del “marmite” (una popolare e vischiosa crema nera da
spalmare sul pane) solo 70 sono state pompate da domenica scorsa. Le
prossime 24 ore saranno cruciali: se le condizioni atmosferiche non
consentiranno una ripresa dei lavori, la Rena, duramente provata dalle
condizioni climatiche, potrebbe rompersi, avvertono gli esperti,
riversando in mare le 1300 tonnellate di greggio rimaste nei suoi
serbatoi.
La
Nuova Zelanda, uno dei Paesi più “verdi” al mondo grazie alle sue
politiche anti-nucleari e a un rigoroso rispetto per la natura
,
si trova in balìa dell’inaspettato. Dubbi rimangono sul come e perché la
nave, lunga 236 metri e pesante 47mila tonnellate, si sia incagliata
sulla barriera corallina Astrolabio in un tratto di mare a 12 miglia
nautiche dalla città di Tauranga che non presenta particolari pericoli
per la navigazione.

Polemiche si inseguono sui ritardi e le inefficienze di Maritime New Zealand, l’organo preposto alla sicurezza dei mari,
accusato di non aver risposto prontamente alla situazione di pericolo.
Cittadini comuni si sono riversati sulla bellissima spiaggia di Mt.
Maunganui contaminata da dense bolle di petrolio per iniziare le
operazioni di pulizia, incuranti dei pericoli derivanti dall’inalazione
da fumi di greggio, mentre i corpi di animali marini, tra cui pinguini
blu e cormorani arrivavano tristemente a riva. E tutta la Nuova Zelanda
si stringe intorno a una comunità, quella della costa orientale del
Paese, durante colpita nei paesaggi familiari e nei ricordi, ma anche
nell’economia.

La Bay of Plenty, nome che letteralmente significa Baia dell’Abbondanza,
è una delle destinazioni favorite per le vacanze estive neozelandesi,
che cominciano a Natale per terminare agli inizi di febbraio, quando
riprendono le scuole. Le cancellazioni alberghiere e dell’affitto di
bach, le tradizionali case delle vacanze kiwi, sono fioccate sugli umori
neri della popolazione locale, già duramente provata nei mesi scorsi
dall’epidemia di Psa che ha colpito le coltivazioni di kiwi. In un’area
di 15 mila abitanti, che diventano 200mila al picco della stagione
estiva, l’ondata nera segna la fine delle speranze per entrate che a
molte attività servono per superare l’intero anno. Lungo la sola
Maunganui beach, dove per un trilocale vicino all’acqua la tariffa è
fino a 400 dollari al giorno (175 euro), si attendono almeno 3mila
cancellazioni. Leanne Brown, presidente dell’associazione locale degli
imprenditori stima ora che 6mila posti di lavoro verranno perduti nella
stagione estiva.

La società armatrice della Rena si è offerta di pagare un milione di dollari per coprire le spese di pulizia delle spiagge. Una notizia che consola proprio pochi, su nella ex Baia dell’Abbondanza.

Fonte: Ilsole24ore

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