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La storia delle migrazioni della Capitanata dai Dauni ai giorni nostri

di Domenico Sergio Antonacci

Di emigrazione abbiamo tutti o quasi un’esperienza diretta.
Molti di noi, anche i giovani, sono andati via o vanno via periodicamente per motivi
di studio o lavoro e tutti abbiamo parenti che sono emigrati da qualche parte
d’Italia o del mondo, in Svizzera, Germania e Belgio, Canada, USA, Australia e
nei paesi del Sud America.
Sicuramente però, il Gargano, oltre ad essere terra di
emigrazione, è stata ed è terra di immigrazione e proprio il mescolarsi di
tante popolazioni ha permesso a noi, al nostro territorio, di acquisire i caratteri
originali che presentiamo oggi.
Le radici di questo fenomeno sono antiche e per quanto ci è
possibile accertare possiamo affermare con sicurezza che il popolo dei Dauni
quasi 3000 anni fa emigrò proprio da quelle che sono oggi le terre balcaniche e
qui, sul Gargano, si mescolò con le popolazioni che già erano stanziate.
Successivamente, con la caduta dell’Impero Romano
d’Occidente, il territorio della nostra Provincia, come tutta l’Italia e gran
parte dell’Europa continentale, vide l’avvicendarsi della popolazioni dei
cosiddetti “barbari” (mi risparmio l’elenco infinito) e il sud
finisce per essere dominato, se così possiamo dire, dai longobardi e dai
bizantini che si alternano sul Gargano. Nel XI secolo sul Gargano arrivano i
normanni, successivamente gli svevi (dalle zone ora tedesche), gli angioini (“francesi”), aragonesi (“spagnoli”) che lasciarono le
loro tracce, visibili ancora oggi.

Non si trattava di flussi migratori veri e propri, poiché
con flussi migratori si intende fenomeni di una portata ben più ampia, ma basta
pensare alle maestranze che questi portavano con se per capire come
profondamente i popoli esteri hanno influenzato anche le nostre città; un
esempio lampante può essere visto nei castelli del Gargano (Vieste, Manfredonia, Monte Sant’angelo).
Parlando di migrazioni di massa invece, gli episodi che
coinvolgono la nostra terra sono sicuramente numerosi.
Peschici e Vico del Gargano furono fondate da slavi intorno
al 1000 perché proprio questa popolazione di slavi difese le coste dai pirati
ed ebbe come ricompensa i territori dove poi nasceranno Vico e Peschici. Motivo
per cui, ancora oggi, nel dialetto peschiciano in particolare, ci sono molti
termini e cognomi di origine slava, poi diffusi anche in altri dialetti vicini.
Devia, il centro abitato sul Monte Devio, tra Torre Mileto e
Capojale, era una città di fondazione slava. Capojale, Jalillo, Scialmarino,
sono tutti toponimi derivati dallo slavo infatti jale/sciale significa spiaggia.
Una cosa che pochi sanno è che Federico II, l’imperatore
svevo che tanto ebbe a cuore la Puglia, spostò una colonia di saraceni dalla
Sicilia a Lucera e così nei paesi circostanti come Castelluccio dei Sauri.
Sulle colline di Apricena si trova Castel Pagano, un piccolo castello
frequentato nello stesso periodo dai saraceni di Federico II.
Non restarono molto nella Luceria Saracenorum perchè furono
scacciati quando la dinastia sveva perse il potere, alla morte di Federico II
con il figlio Manfredi (che fondò Manfredonia). Ma cosa resta oggi? A Lucera è
possibile osservare alcuni edifici con strutture simili ai minareti, perché,
ovviamente con 20.000 islamici (una delle tante stime fatte) ci dovevano pur
essere luoghi di religione.
Spostandoci al ‘500 invece, sappiamo che con l’arrivo
dell’impero ottomano nelle regioni albanesi molti di questi, perseguitati per
la loro religione cristiana (con rito bizantino) si spostarono in Puglia e
Molise. Ed ecco perché ancora oggi in paesi come Casalvecchio di Puglia,
Chieuti e in molti centri molisani confinanti con la Puglia si parla una lingua
detta arbereshe, simile all’albanese di 500 anni fa. Ma non solo la lingua,
anche i costumi tradizionali, i canti, le tradizioni, sono quelle albanesi. In
Molise, inoltre, sono presenti anche popolazioni di origine croata.
Ma forse il caso più particolare che vede la Capitanata
coinvolta in questi flussi immigratori è quello di Faeto e Celle di San Vito,
due paesi di qualche centinaio di abitanti al confine tra Puglia e Campania
dove si parla una lingua detta franco-provenzale, simile a quella che si parla
tra Italia, Francia e Svizzera ed è forse l’unico caso di popolazioni che dal
nord si spostarono e stanziarono in Puglia. Si pensa, in questo caso, che
alcuni soldati angioini o dei perseguitati valdesi (quindi siamo nel medioevo),
si spostarono a sud e qui rimasero fondando quelle città. Certo, la prima
ipotesi si collega a quella dei saraceni di Lucera scacciati proprio dagli
angioini.
Manfredonia, Troia, Ascoli Satriano, San Severo, Alberona,
Candela, Casalnuovo, Cerignola Foggia, Apricena, Lucera, e Deliceto ospitarono
ebrei in periodo che va dall’ XI secolo in poi (in base alle fonti).
In molte fonti si parla degli ebrei in relazione al fatto che venivano scacciati
dai paesi. A Vieste, addirittura, resta ancora il toponimo di via Judeca,
probabilmente il quartiere dove abitavano gli ebrei, la Giudecca, non distante
dal duomo.
Anche la toponomastica, dunque, si rivela importante per la
lettura di questi processi storici; non a caso Castel Pagano, citato prima, si
chiama così o si pensi anche a Monte Saraceno, a Mattinata, cui non conosciamo
le vicissitudini (ma è facile pensare a delle incursioni di pirati saraceni).
Ci avviciniamo ai giorni nostri e cito Poggio Imperiale, un
piccolo paese fondato per volontà del Principe Placido Imperiale meno di 300
anni fa, quindi relativamente recente; ebbene, molte delle famiglie che
costituirono il paese in origine vennero fatte venire proprio dall’Albania.
Qualche mese fa tramite facebook, con degli amici tra i
quali Giampietro Piemontese, Ludovico Centola e altro avviammo una raccolta di
toponimi spagnoli, o che comunque ci sembravano tali, trovati sulla carta IGM, attraverso
i quali traspare la dominazione spagnola sul Regno di Napoli;
Centonza ad Apricena, Peres ad Ischitella, Don Consalvo a
Mattinata, Masseria Consales a Foggia, Torres a Monte Sant’Angelo, Pinto ad
Ischitella, Sorgente Santiago in Foresta Umbra.
Restando in ambito
linguistico, l’importazione dei vocaboli continua tutt’ora con parole più vicine
a noi e importate direttamente dai nostri parenti (e in alcuni casi dai soldati
americani e inglesi).
Strunfosë vi
dice qualcosa? E’ praticamente lo stesso del tedesco.

Le grandi immigrazioni nel nostro territorio continuano anche ai giorni nostri,
con la situazione che tutti conosciamo.
In definitiva una riflessione finale può essere quella che oggi
ci spaventiamo di fronte ai flussi migratori verso l’Italia senza pensare
che sono stati proprio questi numerosi spostamenti di persone a renderci quello
che siamo e a rendere il nostro territorio così peculiare. I famosi corsi e ricorsi
storici

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1 commento su “La storia delle migrazioni della Capitanata dai Dauni ai giorni nostri”

  1. Senza dimenticare Torre Guevara, masseria e casino Forquèt, Tosches etc., anche perchè eravamo territorio feudale del Regno di Napoli; ad Orsara c'è la comunità Valdese con relativa chiesa più a sud d'Europa …

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