di Domenico Sergio Antonacci Le scoperte più belle sono quelle casuali e così, dopo Giorni sul Varano viene fuori un altro documentario d’annata sul Lago di Varano. Il titolo dice tanto, “collaborazione artistica di Roberto Roversi”, così parte la ricerca tra gli appunti per ritrovare il filo. Il Gargano mi piace. È così silenzioso o, meglio, è così solitario. Non una terra abbandonata ma una terra ancora da scoprire. Strade sempre in curva sfiorano pendii pieni di olivi contorti scuri e risucchiati come le mani dello zio Rigo; e il verde scuro, quel verde scuro, ha una solennità da poema greco, intimorisce. Questo ciò che scrive Roberto Roversi in Gargano Sessantuno, scritto ancora introvabile per me purtroppo. Poeta, partigiano, scrittore di testi per Lucio Dalla, Stadio, collega di Pasolini…uno di quegli uomini che vanno via lasciando qualcosa, scrive ancora sul Gargano: Siamo spesso al lago di Varano e al lago di Lesina. Fra i canneti della riva, al primo approccio, mi a colpito un canotto ormeggiato, in completa solitudine, ma fresco di vernice e con una solidissima gomena, che aveva a prua, tutta dipinta di rosso, una mitragliatrice ruotante della prima guerra mondiale, per la caccia delle anatre.Dicono: ne cadono a decine per volta. In una battuta anche due trecento. Un macello. Sul bordo del lago i pescatori vivono all’estate in capanne immerse fra i canneti, come in un paesaggio africano perso nel sogno. Tanto che si potrebbe immaginare che si muovano intorno, attenti ma tranquilli, i leoni. Così vicino al mare! I pescatori, allineati sulle chiuse, afferrano i cefali con le mani. Ieri sera hanno acceso un fuoco preparandoli per noi. Ciò che mi colpisce è la straordinaria compostezza del loro comportamento. Niente di volgare o di approssimato, con l’abitudine al rispetto di regole antiche che sono ormai, così mi sembra, educazione del sangue. Hanno capanne con interni poveri, essenziali, ma fra