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Gli abiti della pacchiana di San Nicandro Garganico in mostra all’Esposizione universale di Parigi del 1867

di Domenico Sergio Antonacci Il titolo è chiaro ed esaudiente. La fonte della notizia è “Su la Esposizione provinciale di Capitanata del 1869 relazione, giudizio, promulgazione de’ premiati”, a cura della Reale Società Economica di Capitanata. La pacchiana era la contadina caratterizzata dal tipico abito del tempo; nella tradizione sannicandrese, tuttavia, l’abito è ornato riccamente di gioielli d’oro. Fu scelto per essere esposto all’esposizione universale di Parigi, probabilmente per l’edizione del 1867, insieme al costume di Bovino e Sant’Agata di Puglia.  Questa “scoperta” deve riempire d’orgoglio i sannicandresi e i garganici perché Parigi all’epoca era una delle capitali mondiali della cultura…chissà quali famosi personaggi potettero ammirare la maestria delle sarte garganiche. Abito della pacchiana: fonte Facebook (Le bellezze del Gargano) Altre informazioni sul vestito tradizionale qui Immagini dell’abito tradizionale della pacchiana Aggiornamento: Come si evince da questo documento in quell’anno a Parigi erano in esposizione anche diversi “marmi” provenienti dal Gargano. Chi ne sapesse di più è pregato di contattarmi su info@amaraterra.com.

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VIDEO: “Non voglio parlare della guerra”, le testimonianze sotto le bombe di Foggia

Il video “Non voglio parlare della guerra” è la nuova edizione, rimontata e rivista dall’autore, del video realizzato nel 2013 per il progetto “Testimoni della memoria” del Ce.Se.Vo.Ca. (Centro Servizi per il Volontariato di Capitanata). Il video racconta dalla viva voce di tre testimoni diretti dell’epoca, Mario Napolitano, Arnaldo De Cristofaro e Mario Muscatiello, attraverso ricordi personali e familiari, la guerra a Foggia nell’estate del ’43 e l’effetto dei bombardamenti alleati sulla città. Le interviste sono state realizzate grazie alla collaborazione dell’AUSER di Foggia (Associazione per l’Autogestione dei Servizi e la Solidarietà). Riprese e montaggio: Giovanni Rinaldi

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C’è chi coltiva fichi d’india (o quasi)

Che poi in realtà non sono nemmeno fichi d’india ma rappresentano una forma di biodiversità del lontano Messico e naturalizzata in Italia dove cresce nella Puglia più estrema; in minuscoli appezzamenti di terra rossa vicini al mare, nel parco regionale Costa Otranto/Santa Maria di Leuca/Boschetto di Tricase, nella macchia incontaminata tra lentisco e mirto, orchidee spontanee e scilla marina Titti Divìccaro, per metà foggiana, coltiva esemplari del piccolo fico d’India (Opuntia dillenii) il cui raccolto dei fichi gli permette una produzione di nicchia di confetture-extra e mostarda naturali e senza conservanti che rende la Puglia unica in questo genere di valorizzazione. I piccoli fichi freschi ,aciduli e gelatinosi, completamente diversi da quelli del Fico d’India classico, (Opuntia ficus.indica) sono apprezzatissimi all’estero e ricchissimi di antiossidanti,vitamina C e sali minerali. Per chi volesse saperne di più: Non tutte le “aliene” vengono per nuocere  Il racconto di una passione per Opuntia dillenii

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Sta terrë

Sta Terrë Sta terrë chiagnë Dë famë e dë bbëllezzë Sta terrë zë perdë Nda nu munnë antichë Sta terrë parlë A tuttë quantë Chë na vocë ca në sapimë Sta terrë camminë Chianë chianë Senza fa rrëmorë Sta terrë portë nzinë Tuttë sti sciurë Comë quann’ ddret’ a neglijë Zë nasconn’ u solë. di Teodoro de Cesare (Casalnuovo Monterotaro)

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