Superfici garganiche. La patina del tempo e le imbiancature.
Pareti scarnificate di Gianni de Maso Il Gargano è roccia accecante che si innalza dal mare, imponente, disegnata dalle righe della selce nera, mostra i suoi fantastici grafismi. Ondulata, fluttuante, corrugata, aggrovigliata, accartocciata, raggrinzita, contorta, frammentata, spezzettata, distesa, rasserenante ed altro ancora. Per conoscerla servono le immagini: moltissime sono su internet, molte altre vanno cercate da noi. Fotografarle, documentarle, divulgarle diventerebbe un arricchimento per tutti. Ma il Gargano non è soltanto quello fantasticamente solare. Il Gargano vero e profondo è anche altro. Il Gargano gargano è un immenso sconfinato oceano. Per incominciare a conoscerlo bisogna immergersi dentro. Scendere in basso, in profondità, nel remoto più antico, là dove la luce scompare ed inizia il buio tetro del tempo. Poi aspettare che dal buio della penombra incomincino a vedersi i neri delle spelonche abitate, i neri dei muschi sulle rocce della foresta screziate dai licheni, i neri della patina del tempo che sta in alto sotto il filo di gronda nei nostri paesi. I neri dei muri, vellutati dai riflessi giallastri dei micro steli della vegetazione parietale, vivevano in alto, là dove mano umana non potevano contaminarli. ph. Antonacci Quei neri in alto sui muri delle vecchie case sono gli aspetti più preziosi per un borgo antico, sono le scritture del tempo, sono i nostri patriarchi viventi. Stanno ancora tra noi su alcune facciate e non li abbiamo ancora sepolti sotto strati di intonaco o non li abbiamo ancora sradicati dai muri dove si sono formati nel corso degli anni. Quelle patine nere, non sono superfici piatte, cupe, ma puntinate da migliaia di grigi, dai bianchi, dal giallo arancio dei muschi come in una notte stellata. Sono la presenza del tempo trascorso sul luogo, loro sono il passato e le storie visive del nostro Gargano, del Gargano che scompare, del Gargano