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VIDEO – La RAI torna a parlare di Lucera e della fortezza di Federico II

da adessoilsud.it La RAI torna a parlare di Lucera. Non di tribunali, ospedali o presidi dello Stato che stanno lentamente andando via. Oggetto della discussione sviluppata nella trasmissione “Ambiente Italia”, programma di approfondimento è questa volta il patrimonio culturale di Lucera e la condizione politico-amministrativa-lavorativa del centro federiciano. Il tutto nella cornice del sistema universitario italiano. […] […] A me sembra pazzesco che in un paese come l’Italia uno che studi latino e greco non abbia le porte aperte. E’ più normale studiare latino e greco invece che ingegneria aerospaziale no? Se sei nato in un posto del mondo in cui si parla “griko”, e dove le donne piangono ai funerali e si vestono di nero, proprio come nella tradizione classica e dove la tua casa affaccia sul castello di Federico II e se cerchi un po’ tra le carte del paese trovi documenti in latino medievale che nessuno ha ancora tradotto mai, e che spiegano come funzionava il mondo dei nostri avi nel luogo dove grazie a loro ancora viviamo». La giovane, probabilmente attivista del Comitato Riscrivere la Storia… In dissesto, osserva: «Il castello di Federico II è magnifico, la Torre della Leonessa è un posto che ti riconcilia con l’esistenza. C’è solo quel posto così al mondo, ce l’abbiamo solo noi. In America, in Giappone, in Norvegia, la torre della leonessa non c’è. Volevano metterci dei casoni dentro, l’anno scorso, puntellare la zona di scavo, costruirci non so cosa, un progetto della sovrintendenza generale. Capisce?  Continua la lettura qui La torre della Leonessa. La fortezza è tra le più grandi d’Europa. Scopri anche la curiosa storia dei musulmani di Lucera,  link 1 – link 2

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Il Pacichelli e la sua descrizione dei paesi di Capitanata di fine ‘600

Giovan Battista Pacichelli nacque a Roma nel 1634; è famoso per aver scritto Il Regno di Napoli in Prospettiva (pubblicato postumo nel 1702), un’opera, commissionatagli dal duca di Parma Ranuccio II, per la cui stesura viaggiò quindici anni nel Regno di Napoli alla ricerca di storie e costumi di paesi e città. Nella parte dedicata alla Capitanata, nel volume 3, il Pacichelli descrive le condizioni insalubri della zona e le sue difficoltà climatiche, caratterizzandola soprattutto come dedita alla pastorizia. È da precisare che la Capitanata, duodecima e ultima provincia del regno, non ha oggi gli stessi confini che aveva sotto i Borboni, tre secoli addietro. Infatti, mentre ha mantenuto i suoi confini naturali a sud con la Terra di Bari seguendo il corso dell’Ofanto, ad ovest con la Basilicata, il Principato Ultra e il contado del Molise attraverso la catena appenninica, a settentrione invece i confini erano più a nord, comprendendo anche il territorio afferente alle diocesi di Larino e di Termoli. In merito alle produzioni, agli abitanti ed alle consuetudini di questa provincia Pacichelli così scriveva: “È il Paese feracissimo di Grani, e di Herbe pe’ Pascoli. Ager iste, così scrive Strabone, cum omnis generis fructus, turn vero copiosos producit. Equis ac Ovibus aptissimus: Lana longe mollior Tarentina, minus vero candida. Regio ipsa propter Camporum convalles tranquilla. Anche da Varrone e Columella ne vien lodato il Formento. La sua temperie vi fa scendere da’ Monti più rigidi dell’Abruzzo, e da altri, a svernarvi numero infinito di Pecore, le quali sono proficue non poco all’Azienda Regale nelle Fiere di Foggia (…). Danneggia a questo Clima il soverchio caldo, e la siccità, o scarsezza delle Acque: e talvolta ancora la quantità di Locuste, che vi spigne il Paese di Otranto …”. Dei centri della fascia centrale della provincia, corrispondente al Tavoliere,

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Le tracce degli attacchi pirati nella tradizione orale del Gargano

Venivano chiamati turchi o mori Decine di incursioni pirate si sono succedute nei secoli sul Gargano fino a fine ‘600. Michele Vocino (ne abbiamo parlato qui) raccolse un interessante nenia nel suo “Lo sperone d’Italia” del 1914 che testimonia come ancora a cavallo tra ‘800 e ‘900 nella tradizione orale fossero presenti tracce di quella paura che viveva in ogni abitante del Gargano. Tutti li Santi ji voglio chiamare ma Sant’ Michele cchiù di tutti.Sant’ Michele ca si cchiù putentelibbr’a ninno mio da li Turchi…E dalli Turchi e dalli mala gentelibb’ra lu ninno mio ca jè nnucente

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L’omertà di Manfredonia e del Gargano

di Domenico Sergio Antonacci C’era gente che sapeva… e a proposito di omertà… Cosa succede a Carpino?! Per l’assessore (comunale e provinciale) Rocco Ruo bruciare camion della nettezza urbana e auto degli assessori è solo un atto vandalico! Giustamente, uno si fa ‘na canna di troppo, ‘na birretta e brucia un camion (della nettezza urbana) e le auto (proprio quelle degli amministratori). Solo fatalità! e gli asini volano…

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Mozzarella di Bufala campana DOP, quando volevano escludere Foggia

di Domenico Sergio Antonacci www.mozzarelladop.it Voglio riproporvi un’altra interrogazione parlamentare (dopo quella sul Parco), questa volta molto più seria dell’altra. A proporla è Francesco Salvatore Mastroluca, ex deputato di Manfredonia. XII Legislatura della repubblica italiana INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4.02351 presentata da MASTROLUCA SALVATORE FRANCESCO (PROG.FEDER.) in data 07.20.1994 Non concluso Al Ministro per le risorse agricole, alimentari e forestali. – Per sapere – premesso che: l’allevamento della Bufala in provincia di Foggia risale, all’incirca al 1300; nell’immediato secondo dopoguerra la produzione di provola di bufala veniva effettuata nelle aziende agricole dei comuni di Cerignola, Foggia, Manfredonia, Lucera, Apricena, Sannicandro Garganico, Lesina, Cagnano Varano; successivamente questa produzione è continuata in caseifici sia cooperativi, quali “Daunia Latte” che industriali quali “Silac”, “D’Amico”, “Leone”, “Ciuffreda”, “Prencipe” di Manfredonia, “Giovanditto” di Lesina e “Scommegna” di Foggia; in provincia di Foggia il prodotto ottenuto dal latte bufalino veniva chiamato “Provola di bufala”; dopo la costituzione dell’Anasb si è ritenuto di uniformare la denominazione con “Mozzarella di bufala”; nonostante le richieste inoltrate in data 4 dicembre 1991 e 24 marzo 1992 dall’Associazione provinciale allevatori di Foggia, il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 10 maggio 1993 ha riconosciuto la denominazione di origine “Mozzarella di bufala campana” al formaggio prodotto nell’area geografica della regione Campania per le province di Benevento, Caserta, Napoli e Salerno e della regione Lazio per le province di Frosinone, Latina e Roma; l’esclusione della provincia di Foggia arreca un notevole danno economico agli allevatori e penalizza un prodotto di riconosciuta qualità -: se non ritenga opportuno intervenire per riconoscere anche alla mozzarella prodotta in provincia di Foggia la denominazione di origine, rimuovendo una ingiustificata e penalizzante esclusione. (4-02351) Oggi, per fortuna, il marchio Dop Mozzarella di bufala campana è esteso anche alla Puglia che produce circa il 10% della quantità

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