Il “cantero”, lu “cantr” a cura di Domenico Tota articolo già pubblicato su La Gazzetta di San Severo, 19/05/2001 Le condizioni igieniche di San Severo e di molti Comuni del meridione, nei primi decenni del secolo scorso, lasciavano molto a desiderare. Non si scandalizzino i giovani per le notizie che apprenderanno, né quelli della mia età perché riferirò certe circostanze. Ci rideremo sopra e ci rallegreremo per il progresso fatto. L’esigenza primaria per la crescita fisiologica dell’uomo è la nutrizione sotto più forme e, di conseguenza, la…defecazione comune a tutti gli esseri viventi. Oggi in ogni casa c’è quello che prima si chiamava “gabinetto” ed ora si chiama “bagno” con acqua corrente, sanitari in ceramica, doccia, vasca ed ogni altro comfort. Una volta non era così. Nelle case abbienti c’erano i pozzi neri che venivano svuotati ma, nella maggior parte delle case formate da un solo ambiente e con una sola apertura verso l’esterno, la porta d’ingresso, vivevano famiglie numerose insieme al cavallo o all’asino, alle galline ed al maiale. In un angolo del monolocale c’era un pannetto di stoffa colorata dietro al quale era sistemato “u cumbrise”, sorta di vaso per lo più di terracotta smaltata, alto una sessantina di centimetri e con un’apertura del diametro di circa 40 cm. Ed il bordo, a forma circolare dello spessore di circa 5 cm, ai lati aveva due manici. In questo vaso i componenti della famiglia facevano i propri bisogni corporali. Per pulirsi non usavano la carta igienica a doppio o triplo velo o la carta di giornale che fu usata in seguito, ma si servivano di uno strofinaccio appeso ad un chiodo sul quale gli appartenenti del nucleo familiare apponevano la propria…”virgola”. E quando lo strofinaccio si riempiva…“virgole”, non veniva buttato ma lavato con l’ultima acqua della “luscia”, cioè del