di Michela Papagna Il 18 Aprile del 1947, la giunta municipale di Vieste deliberava di mettere a disposizione dei profughi della costa opposta, in particolare degli esuli di Pola, dei terreni per ricostruire un quartiere della loro patria affinché, come si legge nella delibera: “ i fratelli polesi possano affacciarsi su quel loro mare da dove incomprensione e ingiustizia li hanno cacciati”. Erano i mesi successivi al trattato di pace di Parigi (10 febbraio 1947) con il quale si determinava la cessione alla Jugoslavia dei territori Dalmati – Giulio – istriani, i numerosissimi italiani ivi residenti subirono la persecuzione del governo di Tito, il quale promuoveva l’eliminazione di coloro che diffidavano del nuovo insediamento jugoslavo: i funzionari italiani, i partigiani antifascisti e consentendo al Partito del Popolo a provvedere alla persecuzione dei nemici, creò una vera e propria epurazione etnica tra i civili. Furono in 350 mila gli esuli italiani che lasciarono la loro patria per sempre, mentre è impresa ardua determinare il numero delle vittime che dopo aver subito vessazioni e torture furono gettati a mare o nelle foibe (gli inghiottitori carsici che funsero da fosse comuni). Si attestano approssimativamente intorno a 20.000 le vittime italiane, di questi circa 300 furono pugliesi e 7 sono le vittime di provenienza viestana fino ad oggi identificati: Francesco Paolo Ascoli, Francesco Cariglia, Francesco Cavaliere, Giambattista Chieffo, Matteo Ruggieri, Antonio Vescera e Vincenzo Vescera. Tra coloro che abbandonarono per sempre la loro patria è il nostro noto concittadino Ludovico Ragno che insieme alla famiglia e il padre Domenico, proprietario di una tabaccheria a Zara, a 19 anni si stabilì definitivamente a Vieste. L ’offerta di accoglienza degli esuli da parte del Comune di Vieste del 18 Aprile 1947, resta un gesto di alto significato etico, unica proposta ufficiale in Italia, che rimase purtroppo