di Antonio Tedesco Il 28 luglio del 1916, giungeva a San Giovanni Rotondo 1, nel piccolo Convento di Santa Maria della Grazie, un frate cappuccino che farà molto parlare di sé: Padre Pio. Dal fronte di guerra, invece, arrivavano notizie pessime, decine di sangiovannesi continuavano a morire e, dopo un solo anno di guerra, la cittadina garganica contava ben 72 morti in combattimento o per le gravi ferite riportate 2. Tutti giovanissimi 3, proletari strappati alle famiglie e ai lavori nei campi. Le notizie arrivavano in fretta ai familiari, che vivevano mesi di trepidazione ed angoscia per le sorti dei propri figli o mariti in trincee 4. Negli stessi mesi l’esattore del Comune di San Giovanni Rotondo, il Sig. Andrea Russo, in una lettera indirizzata al Prefetto, lamentava un grosso problema che attanagliava i cittadini: un’alta concentrazione di fenomeni criminosi, traendo «la convinzione che si tornasse al brigantaggio» 5. Con lo stesso tono il Sindaco socialista, il medico Angelo Maria Merla 6, in prima linea nell’aiuto alle famiglie povere, agli orfani di guerra 7, chiese al Ministero degli Interni l’invio di quattro agenti di polizia per affrontare una situazione divenuta insostenibili: «La cittadina vive quindi sotto l’incubo più spaventoso e giustamente reclama una più confacente garanzia della libertà e sicurezza personale, della proprietà, specie in considerazione della natura eminentemente agricola del paese che obbliga i proprietari a portarsi ogni giorno in campagna per il governo delle loro aziende rurali […] l’incombente pericolo delle libertà individuali ha una grande ripercussione nel normale svolgimento dell’attività commerciale, industriale ed economica del paese, che vedesi così minacciato irreparabilmente nei suoi più vitali interessi»8. Da un dispaccio della polizia del 1916 si viene a conoscenza che si trattava di una vera e propria emergenza che interessava tutto il Gargano: «Bisogna reprimere atti di vero brigantaggio