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Storia di un amore per Serracapriola, di Emanuele Ubaldi

Emanuele Ubaldi, nato il 22 agosto 1969, di origini umbre e residente nelle campagne di Narni, ha maturato, nel corso degli anni, una vasta conoscenza del territorio attraverso frequenti spostamenti, anche fuori dai confini regionali. Nell’assecondare la sua profonda passione per i viaggi ed il gusto per la scoperta di borghi, centri storici, paesaggi, particolari poco conosciuti ed itinerari meno battuti, ha abbinato un autentico interesse per la fotografia nato con l’esigenza di voler catturare la bellezza di ogni singolo particolare per riviverlo nella memoria anche a distanza di tempo.  Il desiderio di testimoniare il fascino del passato e l’incanto della natura lo hanno portato ed affinare la tecnica fotografica con un occhio sempre attento alle inquadrature, alle prospettive, all’uso del bianco e nero e dell’effetto disegnato. COSI CONOBBI SERRACAPRIOLA …… Già, cosi conobbi Serracapriola.Arrivai a Serracapriola senza neanche sapere, nonostante la mia passione per la geografia, storia, la cultura, fotografia, dove esattamente fosse collocata in Puglia. Voglio però prima presentarmi, mi chiamo Emanuele Ubaldi vivo nelle campagne dell’Umbria a Narni(TR),in un angolo dimenticato da tutti e tutto al confine con il Lazio in una piccola borgata di appena 21 anime, ho 46 anni di professione operaio con la passione come già in precedenza detto della geografia, arte, storia, cultura e fotografia. Giunsi a Serracapriola in un sabato mattina di inizio estate dei primi anni 2000. Il borgo mi accolse con un fragoroso e vivace vocio visto che il sabato è giorno di mercato, il lungo viale brulicava di gente e bancarelle che coloravano il tutto. Ammetto di essere rimasto frastornato da quel via vai di persone, che si affrettavano ad andare di bancarella in bancarella, capannelli di anziani che in dialetto forse si raccontavano i bei tempi andati .I bambini che correvano, donne che si affrettavano a rientrare a

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Dialetto e lingua italiana, la fotografia di un paese che cambia

da baiblog.it  Il 17 gennaio è la Giornata nazionale del dialetto e delle lingue locali, promossa dall’Unpli, Unione Nazionale Pro Loco d’Italia. Per l’occasione, dal 2013, le Pro Loco vengono invitate ad inserire nelle loro manifestazioni uno spazio anche piccolo che ricordi l’importanza delle lingue e dei dialetti locali, un vero e proprio patrimonio da tutelare. Ma quanto è diffuso il dialetto in Italia? Secondo i dati Istat pubblicati a fine 2017 è in calo l’uso esclusivo del dialetto. L’Istituto nazionale di statistica, fotografa il Belpaese che parla italiano, altre lingue straniere ma sempre meno solo l’idioma locale. In particolare l’indagine, in riferimento al 2015, conferma che soltanto il 14,1% della popolazione parla prevalentemente il dialetto in famiglia, ancor meno con gli amici e gli estranei. Una quota che si era già dimezzata tra il 1988 e il 2006. Considerando solo la popolazione di lingua madre italiana, tra il 2006 e il 2015, l’uso prevalente o esclusivo del dialetto in famiglia diminuisce per tutte le fasce di età, soprattutto a partire dai 45 anni. Segno dei tempi che cambiano. L’andamento risente infatti dei cambiamenti generazionali e del progressivo innalzamento dei livelli di istruzione delle generazioni più giovani che si riflettono anche nelle abitudini di linguaggio delle famiglie. La scelta del linguaggio usato nei diversi contesti relazionali si differenzia anche tra uomini e donne. Secondo i dati diffusi dall’Istat, queste ultime tendono ad esprimersi più spesso, soltanto o prevalentemente in italiano, sia in famiglia (47,5% contro 44,2% degli uomini) sia con gli amici (53,2% contro 45,7%). Questa differenza tra uomini e donne è maggiore tra i giovani fino a 34 anni, diminuisce tra i più adulti per poi annullarsi tra gli anziani. Il ricorso ad un’altra lingua fa registrare invece un incremento in tutti gli ambiti relazionali, risultando più marcato in

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Intervista a Giorgia De Vicariis, neolaureata con una tesi sul recupero dell’Abbazia di Kàlena

L’abbazia di Kàlena suscita sempre molto interesse negli specialisti, che siano professionisti, storici o studenti. Qualche mese fa avevamo intervistato Angela Romondia, neo-ingegnere con una Tesi di laurea in Ingegneria Edile-Architettura dal titolo “Rinascita dell’Abbazia di Kàlena: immagini dal passato, del presente, per il futuro”. Ora è il turno di Giorgia De Vicaaris. Presentati Sono Giorgia De Vicariis,nata a Lucera il 25/02/1992 ma cresciuta in varie città italiane, per ultima Ancona, dove attualmente vivo. Che studi hai intrapreso e qual è la motivazione che ti ha spinto a scegliere questo percorso di studi? Sono laureata in Ingegneria Edile Architettura nella facoltà di Ancona, la passione per l’edilizia l’ho maturata sin da piccola vedendo mio nonno, muratore, costruire la mia casa. Crescendo mi sono appassionata sempre più all’architettura antica in particolare chiese ed edifici storici, sviluppando un grande interesse nel recupero di quest’ultimi.  Che legame avevi con il Gargano prima e dopo l’università? Il fatto di essere cresciuta lontano dalla mia terra ha rafforzato ancora di più l’amore e l’attaccamento al territorio, ma al contempo mi ha fatto avere una visione esterna ed oggettiva dei numerosi problemi culturali ed economici che la affliggono. La mia missione è sempre stata quella di cambiare la situazione e spingere gli altri ragazzi della mia età a fare lo stesso, il mio percorso di studi mi ha dato gli strumenti per poter, nel mio piccolo, cercare di fare qualcosa per migliorarla. Scrivi della tua tesi, da dove è venuta l’idea di Kàlena, cosa ne hanno pensato i professori, conoscevi già il sito, che impressione ti ha fatto, chi ti ha aiutato al di fuori dell’università? L’obiettivo della mia tesi è stato, fin dal principio, di scegliere un edificio o un monumento della mia terra per poterne studiare un recupero strutturale e funzionale. Un collaboratore del mio

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