“La mafia innominabile”, le mie impressioni sul libro che racconta la mafia del Gargano
Per un fazzoletto di terra c’era qualcuno anche pronto ad ammazzare. Proprio in Puglia, in quel Gargano ribattezzato “Promontorio della paura”. Una sanguinosa scia di decine e decine di efferati omicidi, di tentati delitti e di vari casi di lupara bianca. Storia antica, ma non troppo. Se il tuo mestiere è quello di fare il magistrato, occuparsi di mafia è come respirare sott’acqua. Non puoi farlo perché non hai le branchie, ma devi trovare il modo per emergere, per affrontarla, per non morire sottofocato.” – scrive Seccia nel suo libro. E ancora… “C’era un tempo in cui la mafia garganica non esisteva. Bisognava vincere la credenza che fosse una magia, popolata dal potente di turno che impone il suo comando, la sua forza e la sua violenza. Non esisteva perché tutti la negavano. Anche i Magistrati che se ne occupavano. Una faida come le altre. La mafia garganica, però, esisteva, eccome. Ammazzava ed ammazza. Il testo evidenzia la violenza e l’efferatezza con cui si sono commessi gli omicidi: cadaveri gettati nelle grotte del Gargano, famiglie intere date in pasto ai maiali, bambini uccisi, sfigurando in volto a colpi di fucile le vittime, in un gioco perverso di botta e risposta tra le famiglie avversarie. No, non è un film, è un sistema tutt’ora vivo tra di noi. Emerge il ruolo determinante delle donne nella lotta al sistema mafioso, Rosa Di Fiore e la signora Alfieri, stufe di vedere massacrate le proprie famiglie, spinte dall’amore per i propri figli che cercano di proteggere a tutti i costi fino a collaborare con lo Stato. Due critiche negative: sembra un lavoro incompleto, mancante in molte parti (non sono citati molti omicidi che fecero scalpore) ed inoltre a volte la lettura può diventare quasi snervante a causa dei periodi cortissimi e delle punteggiature che