A chi intraprende l’iniziativa dell’insediamento turistico, le attrattive naturali interessano come mezzo di adescamento pubblicitario, come incentivo al formarsi di una certa clientela. Una volta ottenuto il successo in questa fase e messo in moto il meccanismo della confluenza per abitudine, imitazione e conformismo sociale, la natura non serve più, e può tranquillamente essere distrutta per aumentare la capacità ricettiva del luogo, diventato ormai di moda. Succede la degradazione e il declassamento, ma tutto è previsto. Da luogo di èlite se ne fa luogo per classi medie, conservando alla nuova clientela l’illusione che l’accedere a quel santuario, una volta intangibile, rappresenti un gradino nella scala sociale. Quando nemmeno questo tipo di adescamento funziona più, la speculazione turistica si ammanta di demagogia, e diventa sostenitrice del turismo di massa. A conclusione del processo, il capitale ha dato il suo frutto, valori naturali irrecuperabili sono andati distrutti, nessun fine sociale è stato raggiunto, e resta un ambiente totalmente squalificato, una verminaia caotica, fonte di infelicità, disagio e infinita alienazione. Carattere saliente di questo tipo di insediamento è la corsa ad arraffare la prima linea, cioè la fascia immediatamente prospiciente il mare, quindi l’esclusione degli altri dal suo godimento, la rottura della continuità tra spiaggia e entroterra (accentuata dalle strade litoranee), la riduzione della godibilità dell’insediamento a due-tre mesi all’anno, con parallela riduzione sia nello spazio che nel tempo del reddito economico, la distruzione della potenzialità turistica dell’intera zona. da Il mare proibito 1964 Grazie a Lazzaro Santoro Leggi anche la storia del turismo garganico ARRESTI E SEQUESTRI, GARGANO RECORD ABUSIVISMO