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Eco di una notte tra i profughi, oltre la strada

Foto Smalltownfoggia Cani. Cani randagi a decine. “Come la Serbia”, mi avevano detto “come una zona di guerra”. Peggio. Molto peggio. Cani, cani randagi e palazzine diroccate. Uno stabilimento industriale abbandonato da chissà quanti anni, oggi dimora di profughi e disperati. Noi, nel freddo pungente di queste sere, portiamo ognuno una coperta in plaid, da regalare in dono. Noi, una coperta e della pizza da regalare, e la responsabilità addosso, di dover raccontare a chi non c’era che esiste il Kossovo dentro Foggia. Un luogo bombardato senza l’uso di esplosivo, un mondo dimenticato dagli uomini e da Dio, a due passi dal centro. I cani continuano ad abbaiare, sempre più forte, quasi ci circondano. L’eco è tremenda, la notte è buia e gelida, le auto sfrecciano, dall’altra parte della strada a folle velocità, ignare del tutto. Uno stanzone enorme, buio. Oltre la metà sta acceso un fuoco, appiccato alla bene meglio, che fa intuire le sagome di due persone. Esce una donna, ne esce un’altra, da una porta di legno, che prima non si vedeva affatto. Coperte e pizza, distribuiamo velocemente, mentre i cani non smettono mai di ringhiare. E così ancora, per un’altra stanza, dove in dieci metri quadrati vivono in quattro. Un tanfo tremendo, una piccola televisione in bianco e nero che trasmette notizie del maltempo, due bambini piccoli, uno piccolissimo, che afferra un panzerotto fritto e inizia a rosicchiarlo come fosse la cosa più dolce che abbia mai assaggiato. Il padre, volto da Kossovo, camicia unta, mani callose e secche, ci mostra una medicina per il bambino. Ne vorrebbe un’altra, serve per la tosse: soldi non ce ne sono per comprarla. Di nuovo i cani, scale divelte e cumuli di immondizia, tantissima, a far da padrona. Un’altra famiglia, al primo piano di un altro stabilimento. La madre,

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Quello che non colsi…carrellata di link 10 SPECIALE BIT MILANO

 Vendola alla BIT commenta sul Gargano ed il turismo  BIT: Agricoltura e turismo, ancora molto da fare in Puglia  Nicastro alla BIT ribadisce NO AL PETROLIO Incentivi al settore turistico Pugliese Nicastro alla BIT per rappresentare i 10000 manifestanti di Monopoli NO TRIVELLE La neve sciolta costringe ad aprire le paratie della diga di Occhito Quando Celentano rifiutò la laurea honoris causa da Foggia La lettera di risposta di Celentano Mura di Manfredonia ancora a rischio? La Porsche arriva in Puglia 700 gru in Capitanata

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L’Italia sotto la neve vista dallo spazio

Ecco qui una foto scattata circa una settimana fa dall’ESA, l’Agenzia Europea Spaziale Credit ph.ESA – Link all’immagine ad alta risoluzione Potrebbe interessarti anche la foto del Gargano scattata dallo spazio…..clicca anche qui

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Le antiche maschere del carnevale garganico

di Gabriele Tardio Ciannone Il Ciannone era la maschera di carnevale per antonomasia e nel linguaggio popolare spesso il carnevale era accomunato a Ciannone. Nel medioevo a San Marco in Lamis tutte le maschere di carnevale vengono chiamate Ciannone, come si evince negli statuta et decreta Universitas Sancti Marci in Lamis approvati nell’Anno Domini 1490, indictione VIII, die XXXI iulii. Lo Statuto recita: Ancora fu proveduto statuito et ordinato nei dì di Carnevale non si possa ire co faccia coverta e facire schiamazzi, pena doppia et sieno tenuti el vicaro et li priori a galera detti Ciannoni. Anche in alcuni detti popolari sammarchesi si ricorda questa figura carnevalesca “jènne arrevate lu munne mmane a Ciannòne”. Il Ciannone è ricordato anche in altre località. La maschera grottesca di Ciannòne vestiva pelli di capra nera a volte avevano la testa ricoperta da una grossa zucca, oppure il personaggio era ricurvo sotto il pelliccione di capra, il volto sporco di carbone o fuliggine, e i baffi folti; probabilmente rappresentavano la dura vita degli uomini dei boschi; faceva gesti e urla selvagge, in mano portava un bastone con nastrini colorati e dei sonagli. I Ciannoni dopo la satira del Carnevale Morto facevano il Ballo dei Ciannoni. Il “Ballo dei Ciannoni” era una vera e propria danza, quasi magico-rituale, inscenata dai Ciannoni che seguivano la compagnia del Carnevale Morto, durante la danza urlavano e facevano scene selvagge forse in modo da rappresentare l’aspetto selvaggio di chi per mesi non rientrava in paese ma viveva sempre nei “boschi”. Zi  Nicola o Cola lu sbre lléffe La maschera di Zi  Nicola o Cola lu sbre lléffe aveva in testa il tricorno, il cappello a tre punte, gallonato da un nastro nero con fiocchetti a ciascuna delle punte, su una parrucca di stoppa; portava l’occhialino o gli occhiali

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