L’allarme sulla presenza di rifiuti tossici in Puglia è contenuto nella deposizione che Schiavone fece, il 7 ottobre del 1997, davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Le sue parole sono rimaste segrete fino a ieri; fino a quando, cioè, l’ufficio di presidenza della Camera non ne ha disposto la desecretazione. «Sulla Puglia cosa sa?». E Schiavone, cugino del famigerato Francesco Schiavone detto “Sandokan”, parla a ruota libera: «Anche sulla Puglia parlavamo; c’erano discariche nelle quali si scaricavano sostanze che venivano da fuori, in base ai discorsi che facevamo negli anni fino al 1990-1991». I componenti della Commissione gli chiedono di essere più preciso. E Schiavone spiega che queste discariche erano «nel Salento, ma sentivo parlare anche delle province di Bari e Foggia». Ma l’ex boss non ricorda in maniera più precisa. Non sa o non vuole dirlo. E si giustifica: «Era un discorso “accademico” interno che facevamo, dicendo: mica siamo solo noi, lo fanno tutti quanti». Cosa arrivasse di preciso qui, è difficile dirlo. Di certo, il traffico riguardava in generale di «sostanze tossiche, fanghi industriali, rifiuti di lavorazione, rifiuti radioattivi». Veleni interrati per venti o trenta metri di profondità, vicino alle falde acquifere. L’affare frutta al clan «dal 1990, 2-3 miliardi (di lire, ndr)». «Così poco?», si meraviglia la Commissione. «Ma nella cassa comune, con la quale si pagava il mensile, non nelle casse private», spiega Schiavone. «C’è qualche latitante che ha ancora le valigie piene di soldi, le ho viste io stesso; sono soldi fatti con i rifiuti e con altre attività, di nascosto». Leggi tutto qui Grazie a Luigi Placentino per la segnalazione da qui altre rivelazioni La nave dei veleni. I ricordi di Schiavone, nel 1997, sono tutt’altro che nitidi. Tant’è che, spesso, alle domande più ficcanti dei commissari il pentito si difende